Il piccolo Hans - anno III - n. 9 - gennaio-marzo 1976

dover rispondere e gli faciliti le risposte che pensa di dover dare. Così ci limitiamo a segnalare il pericolo di un discorso ad hoc, del tipo di quelh che il Trattato cerca di evitare in molte pagine, ma forse più insidioso, perché sotteso alla metodologia della ricerca. Il semiologo ci convince dell'inutilità di provare il modello comunicativo con altre domande, quando egli stesso ne suscita una cui accetta di non rispondere, né ora né dopo: « In casi più complicati, ecco problemi come quello delle origini del lin gu aggio. In ultima ana­ lisi, si richiede una teoria dell'intelligenza, che non costituisce l'oggetto di questo discorso, anche se una ricerca semiotica deve continuamente tener presente la intera serie delle proprie possibili correlazioni a tale tematica» (p. 69) . Non è tanto il senso peculiare di questa ammissione, quanto il fatto che sia possibile non fare i conti con problemi di quest'ordine in termini congruenti - nella sistematicità, nella scrittura del Trat­ tato - a in@iare un concorso di motivazioni e una sfida: per chi ritenga che si debba discutere il potere della teoria, la sicurezza con cui si assesta nei propri limiti e costruisce, sul « proprio quadro categoriale», il dominio metodologico dell'« universo della significa­ zione». Costruiamo un linguaggio Adamo ed Eva, nell'Eden, signoreggiavano, in pri­ cipio, « una serie ristretta di unità semantiche», le quali adombravano, piuttosto che una denominazione dei fenomeni, alcuni « atteggiamenti verso i fenomeni», alcuni valori ordinati da opposizioni pertinenti in una fi gu ra elementare del mondo. Riferiamo le unità seman­ tiche secondo ,la ,distribuzione degli assi in oui erano 42

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