Il piccolo Hans - anno III - n. 9 - gennaio-marzo 1976

tia, teatro. Sperando che sia anche terapia. . Facendo del pubblico, donna. Amleto morente si rivolge all'unico spettatore so­ pmvvisuto, Orazio e gli chiede l'applauso. Sta Amleto morendo bene? È tutto chiaro? «Orazio», dice, «io sono morto. Tu vivi; riferisci correttamente su di me e la mia causa a chi non sia soddisfatto... racconta la mi'a storia». Altrimenti, a che sarebbe servito tutto quel muoversi e agitarsi sulla scena, a che, quel ,suo corpo ferito? Amleto vuole che del suo corpo si faccia teatro, perché sa che ogni cosa nel corpo è simbolica. « Egli non era quindi, certamente, né un messia né un martire, e neppure un eroe. Ma aveva in sé qualcosa del mimo... » Nel corpo del poeta, si è ,realizzata la metamorlosi del s a ngue in denaro: «my q:d veins full of money», le mie rosse vene sono piene di soldi. H mutamento oipgarnco avvenuto, trasforma quel corpo in cosa, feticcio, merce. H poeta è chiamato sulla scena del mondo - )'immenso ammasso di merci - a produrre spettacolo, il suo corpo. Non più messia, né martire, né eroe - non gli rimane che la parte del clown. Il clown - insieme con gli ani­ mali feroci, e gli acrobati - sono i «numeri» essenziali dello spettacolo nel circo, che è trionfo del corpo. Qui il corpo si presenta nella forma di pura animalità (i Jeo n i, gli elefanti, le sci m mie), o nella forma di mate­ rialità linguistica (la volgarità del linguaggio «sporco», o regressivo-infantile, del clown), o nella forma di corpo­ reità disciplinata e geometrica fino all'as, trazione (e quin­ di bella) dlel'acrobata. Il vero selvaggio del circo è però il clown - perché sboccato, allusivo, fantastico, come il fool, o il poeta. Il poeta prostituta (le mie rosse vene piene di soldi: 127

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