Il piccolo Hans - anno II - n. 6-7 - apr.-set. 1975

che in fatto di abbigliamento (o di gergo) appass}onano i frequentatori «divini» e «mondani» di Cortina o delle Bahamas. Ricompare insomma, sempre e dovunque, quella Storia Globale per ila quale il nostro ha sempre mostrato suprema indifferenza: e che ricompa�a pun­ tualmente altrove dai suoi hbri, nei quali entrn sol <;> come stravagante rarssegna di «Vogue» a un livello molto alto (ma sempre più identico a se stesso) di eccen­ tricità, non vuol dire che abbia ragione lo scetticismo di Arbasino di fronte alle sue esaltazioni e alle sue angoscie. Non basta infatti affidarsi perdutamente al- 1'empietà della Struttura Lingui,stica per averla vinta su tutte le altre pietà: a resta il fatto - «tradizionale» quanto si voglia, ma difficilmente J;l'egabHe - che Arba­ sino ha prodotto la sua prova più forte, quella dei Fratelli, quando ha adoperato con le intenzioni meno «deperibili» i suoi deperibiJi.ssimi materiali: e è stata, credo, la sala volta in cui, volontariamente o meno, ha toccato la T11agedia. 2. Perché poi, dopo, si può anche affermare che i 1 l gioco gli abbia preso la mano, e la miscela l'abbia reso un po' «aHegro»: quel che è buffo, tra l'altro, verificandosi ciò proprio per la sua cocciuta volontà di evitare l'eb­ brezza. A!llora, diciamo pure che Fratelli d'Italia rap­ presenta nella carriera di Arbasino la fase «romantica», pur con tutto il suo antiromanticismo conclamato a gran voce o sussurrato in sordina ogni tre pagine. Felice romanticismo. Felice anche perché non ha niente da spartire con tutta ila produzione (romantica senza vir­ golette) neopopulista e neopassionale e neoepica e neo­ mitologica che quest'anno ,anoora ci ha afflitto così crudelmente con le Storie morantiane e le Orche d'arri­ gMane, sulle quali di certo Arbarsino, che si delizia uni- 310

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