Il piccolo Hans - anno II - n. 6-7 - apr.-set. 1975

conoscendo in conseguen2a né vanità, né rispetto, né stima né disprezzo»; e) « non avendo }a minima nozione del tuo e del rmio, né alcuna vera ·idea di giustizia»; d) « non pensando neanche alla vendetta»; e) « senza industria, senza parola, ,senza domicilio, senza guerra e senza associazione, senz'alcun bisogno dei suoi simiili come senza desiderio di nuocer loro»; f) « non v'era né educazione né progresso». E' un susseguirsi di né, di non e di senza, che con­ cludendo la prima parte del Discorso designano l'essere originario dell'uomo per ciò che esso non-è, .Jo designano quindi come un non-essere o un non�essere-ancora pre­ cedente qu e lila sor1ta di isovrappiù di essere che è l'uomo sociale, capovolto-si in un « nulla» per un « eccesso di coI1ruzione» che lo riporta allo zero iniziale. Ma ve lo riporta solo apparentemente poiché, precisa Rousseau, « quello era lo stato di natura nella sua pu­ rezza, e quest'ultimo è il prodotto di un eccesso di cor­ ruzione». Nondimeno resta evidente il fatto che i,l pro­ posito di « mostrare l'uomo tal quale ha dovuto uscire dalle mani della natura» non conduce ad una teorizza­ zione dell'innocenza originaria in opposizione alla oolpa dell'uomo nella società, ma ad una intuizione di essa che si sviluppa « negativamente» attraverso , l a messa fo questione dell'uomo socio-culturale. Porre la qÙestione dell'uomo naturale è contempo­ raneamente, in· Rousseau, mettere in questione l'uomo «culturale» ed è quindi insinuare i , l dubbio nella cer­ tezza dell'essere contenuta in primis nella metafisica cartesiana (dove il «cogito» si impone come condizione necessaria e sufficiente del « sono»). Per la prima volta si produce quella dislocazione per la quale la questione del soggetto è posta là dove il soggetto non-è. Se torniamo ora all'opera autobiografica vediamo che la ,stessa diffiooltà che Rousseau ha trovato nel parlare 303

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