Il piccolo Hans - anno II - n. 6-7 - apr.-set. 1975

Confessioni toghe la parola ai persecutori, toglie signi­ ficato ai significati che nei Dialoghi si riducono ad un « nero complotto», cioè alla persecuzione ·senza soggetto che ora significa il significante identificandovisi. Il significante (persecuzione) rimanda a se stesso, l'immaginario rimanda all'immaginario. La riduzione dei persecutori ad una lega « grande, potente, numerosa», e quindi 1ad una persecuzione de­ scritta con toni apocalittici (trappole, menzogne, tradi­ menti, tenebre, delitti, saccheggi) è J'ultimo atto che celebra la singolarità ,roussoviana, e la celebra c<;>me unicità nel delirio che travalica se stesso fino a queHa sorta di « follia del dubbio» che risuona neÌl'ossessività del.ila domanda che apre la Prima ,Passeggiata: « Ma io, distaccato da Loro e da tutti, io stes,so che cosa sono?». Incertezza a stabilire la propria identità che non poteva non darsi come consèguenza della messa in que­ stione della propria identità « ,sociale» tramite il rifiuto della dimensione reale ddla propria esistenza che, ini­ zi , atosi nelle Confessioni nella tregenda dei persecutori, finisce nei Dialoghi nella tragedia di un delirio coerente, di una sorta di schizo-scrittura dove Rousseau parla a un duplicato speculare. Attravie:riso il delirio dei Dialoghi si determina ìa regressione narcisistica ad uno statuto pre-culturale del­ l'essere, un ritorno aH'essere prima del suo essere-per, del suo esser�dato all',altro, che doveva necessariamente ingenerarsi in quel dubbio di cui si è detto. Sarebbe troppo facile, se accettassimo il luogo co­ mune della psicosi roussoviana, chiamare in causa quella che Lacan ha definito · « incertezza dello psicotico a sta­ bilil:'e la propria i,dentità». Si ,tratta invece del fatto che il conflitto natura-cultura è giuocato .da Rousseau in un ritorno al proprio essere naturale (in-fanzia) con un doppio movimento dialettico che contemporaneamente 301

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