Il piccolo Hans - anno II - n. 6-7 - apr.-set. 1975

fesa, -la parvenza di vita, in quel prooesso che nel signi­ ficante « materiahzza ,l'istanza della morte». L'origine della scrittura non è se non mito prodotrto dalle leggi di produzione, così come la propria rndice esiste nel luogo dellra lontananza, da questo generata e dominata. La fine della scrittura, il suo oltrepa,ssarsi al di là dei significanti, non esiste se non come sogno, cioè lavoro onirico, cioè ancora scrittura, così come il futuro e !'altrove non esistono se non come produzione ideo­ logica deHe contraddizioni del qui e ora. Scrivere è dunque morire al passato e ral futuro, cancellare ogni arché e ogni telos, oostruirsi difese e parvenze di vita, intraprendere un cammino senza essere partiti e sapendo che non c'è approdo. 2. L'autore muore nel testo, dacché il testo entra nel linguaggio deUe merci. L'economia di scambio, lia pro­ duzione di merci, il principio di equivalenza, il lavoro, il valore 1el lavoro, ,la contraddizione del processo di produzione costiituiscono lo spazio in cui cade il testo. In questo giuooo il t 1 esto non appartiene all'autore. Non c'è autore di un testo destinato a qualcuno. Se il testo pairla il linguaggio delle merci, i,l suo discorso è « sensi­ bilmente sovrasensibile», la · sua esposizione è nell'equi­ valenza, il suo essere eguale ad un altro è l'arcano deUa merce. Il suo movimento coincide col modo di produ­ zione. E' radicalmente spiantato il rapporto teologico creatore-creatura istituito tra -l'rautore e il testo. E' irriso, con la ,necessaria violenza d'ogni critica della religione, il secola!'e rapporto esegetico che assegnava all'opera la transitoria esistenza, la « fortuna nel :tempo», la fragile custodia d'un messaggio di verità, e faceva dell'autore il luogo di -risonanza di ta1e variabile fortuna, il soggetto visitato di pref.e!'enza dalla fama, dea ,spodestata e deca­ duta, ma pur sempre solerte. La materialità del testo ha ucciso l'autore. M liber scriptus medievale rispondeva 265