Il piccolo Hans - anno II - n. 6-7 - apr.-set. 1975

porto di ognuno alla sua rimozione ongmaria, inscritta a tracce mnestiche indelebili pel'ché ina:ccessibili. Per la tribù semita il rr.imosrso primordiale si rifà al sema, al nome, ed è quindi lui che sostiene le altre rimo� zioni e i iloro ritorni insistenti. Non è «colpa» sua - oh «innocenza diabolica del desiderio» - se ogni godimento semiotico transita per quel sema che si -dissemina «di generazione in genera­ zione»: perdio, dato che si. tratta nientemeno che del nome-del�padre . Ed è proprio questo che molesta quando degli esseri parlanti sono spinti a generarsi: il dover ripassarvi e misurarsi a quell'inscrizione se nutrono una qualche speranza di intraprenderne un'altra: ossia di sfuggire arll'insistenza della ripetizione. Dunque la tribù semita - qudla giudaica - ha «risolto» la questione allineandosi su quel sema 3, autorizzandosi con esso a una corrispondenza, lettera per lettera per così dire, cosa che la condanna a essere costantemente presa sul serio dagli «altri» (è infatti evidente che quando ne ridono lo fanno «seriamente», di un riso che imprevedibil­ mente vira al verde). Essa è dunque condannata a essere incontrata dagli altri ovunque («gli ebrei ,sono dappertutto»), il «nomi­ narlo» li imbarazza. Si comprende oome ailcuni siaino andati a tirare i[l ballo la genetica per mettersi il cuore in pace: l'idiozia del procedimento non nasconde quanto ha di«toccante». In ogni caso �l «vuoto» dove la tribù semita s'imma­ gina portata - sentinella del nome - ha qua,lcosa di reale essendo quello del rapporto sessuale, o meglio delle tracce con cui esso tenta - disperatamente - d'in­ scriversi; ed è nel reale che rla raggiungono le risorgenti rimozioni degli «altri». Essa ha preso per emblema un «roveto ardente» nel deserto, che s'ignifica senza con­ sumarsi, ed ecco che, periodicamente, le si volge contro una consumazione massiva che altro non significa se 220

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