Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975

III. Se la suddetta concezione unitaria della sessualità di Freud è di nuovo perduta nei suoi seguaci di un tempo, come G. Jung e anche Alfred Adler, ciò accade chiaramen­ te perché entrambi vogliono ancora superare questa uni­ tarietà acquisita empiricamente e in cambio puntare trop­ po sulla carta della filosofia. La scoperta di Freud di uno stesso e identico proces­ so sessuale nelle più svariate manifestazioni dell'essere opera una chiarificazione in quanto rende possibile deli­ mitare unitariamente le tendenze libidiche da quelle del­ lo sviluppo dell'Io per districare i loro reciproci intrecci e incroci, nel sano come nel malato. Quali motivi filosofi­ ci può avere avuto Jung di sussumere invece le due cose nel concetto di libido ridefinito, deve qui restare una questione a parte; una conseguenza invece è immediata­ mente degna di nota: e cioè che nella misura in cui è compiuta l'uniformazione terminologica, il modo di giudi­ zio proprio di Jung sulle varie fasi libidiche (in cui si suddividono ora manifestazioni sessuali e manifestazioni dell'Io) si spacca nuovamente in senso tanto più dualisti­ co. Ove in Freud, come limite del nostro ambito d'espe­ rienza pratica, permangono tranquillamente due cose di­ verse, per la cui interdipendenza ci diviene comprensibile l'esperienza psichica, là accade a Jung di dover far rien­ trare dalla finestra del tutto indisturbato il dualismo cacciato fuori dalla porta con una troppo affrettata defi­ nizione concettuale. A me sta bene che a Jung succeda questo e che non possa impedire l'ingresso oon i luo­ ghi comuni del monismo corrente. Ma effettivamente Jung si associa in tal modo alla vecchia teoria sessuale della proibizione, mette in imbarazzo la sua troppo po­ tente libido di fronte al suo proprio « resto di terra, peno­ so da portare »e deve cercare il modo migliore per libe­ rarsene nuovamente. Apparentemente, per la verità, il 95

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