Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975

la lettera lo stemma del suo destinatario indica senza er­ rore nell'indirizzo scritto con finissima scrittura femmini­ le la mano del ministro. C'è un furto nel furto. La lettera che alla fin fine 1a Regina riottiene indietro è la stessa che un'altra donna ha indirizzato a se stessa. Non sappiamo niente del contenuto della lettera. Ci è detto soltanto che se fosse rivelato a un terzo personag­ gio l'onore di quello derubato ne sarebbe compromesso e la sua sicurezza messa in pericolo. Ma poiché la lettera è letta da tutti, dalla Regina al momento della sorpresa, dal Ministro che la rivolta come un vestito, da Dupin che 1a riconosce senza esitazione e persino dalla polizia che brilla per la sua ignoranza, ci viene il sospetto che a esse­ re giocati siamo alla fine soltanto noi. Sì perché anche il narratore universale nella novella e quello che lo muove, Poe stesso, sanno ovviamente di cosa si tratta. Quello che ci sconcerta è che a volerci mettere con Lacan nella posìzione analitica ci troviamo ancora isolati in quanto egli trae motivo di trionfo a provare che la lettera non ha altra faccia che il rovescio che ci è mostrato mentre il messaggio è ben rappresentato dal foglietto insignifican­ te rimasto in mano alla Regina. E' affare di primato del significante e l'analista ne trae il suo plus-de-jouir inegua­ gliabile. Quel -lapsus a cui si è impigliata la nostra scrittu­ ra e, trattenendoci dalla china su cui scivola il significan­ te per comporre dalla pluralità dei soggetti l'unico com­ plesso intersoggettivo, ci ha costretti ad arrestarci alla pre-scienza del nome proprio, ci trattiene ora dal sorvola­ re sui due resti che la lettera si è lasciati indietro: il foglietto insignificante deposto dal ministro e il messag­ gio vendicatico lasciato da Dupin a suggello di tutta la storia. Del resto un filamento trema un poco nella lampa­ dina che l'investigatore freudiano si è deciso ad accende­ re nello studio e un buio rischia di farsi più nero di quel,lo che per Dupin è favorevole alla riflessione. Dove nien­ te è casuale, come nel dominio del significante, niente 23

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