Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975
fascista » e quella del carattere « intimamente contraddit torio della D.C. ». Donde « una sfiducia nella capacità della classe operaia e delle masse popolari (comprese quel le cattoliche) di difendere queste istituzioni democra tiche ». La risposta a tali due incomprensioni rischia però, facendosi per semplice inversione, di sostituire a un pro gramma di lotta le buone intenzioni. Salta all'occhio in nanzitutto che la « difesa delle istituzioni» non può non significare in concreto proprio nella situazione italiana la loro conquista da parte della classe. Ci sembra intanto comunque votata alla sconfitta una politica che vuol trincerarsi nella fossa dell'antifascismo senza garantirne quanto meno la tenuta in un permanente contrattacco. Ma non basta: che significa oggi per una politica comu nista rinunciare allo scontro frontale con la D.C.? Benin teso, distinguere tra il blocco di potere della strage e le « masse popolari di ispirazione cattolica». Che però alla « frattura verticale» che, stando a Borghini, è l'affare dell'estremismo si risponda con la semplice inversione che è la convergenza, fa problema. Non a caso « l'unità delle forze democratiche e popolari, laiche e cattoliche, per la quale combattiamo » è una semplice « prospetti va», l'unica che Borghini ci ponga e riproponga. Vale la pena di riporre questioni banali: l'unità non è un obbiet tivo (appena tattico, ma ancora), lo è invece l'unità per il comunismo. Convergere non vuol dire, salvo del comu nismo fare un carrozzone populista (siam popolo e siam tanti) scendere nella fossa minimalista di cui sopra. E neanche schematizzare fratture verticali. Tra frattura e convergenza - che curiosamente sembrano entrambe di menticare la scissione tra la D.C. come partito della strage (per nominarne una) e le masse che trascina con sé (affari di chiesa) - sta il problema della lotta di classe e del!'egemonia. Le masse in questione non si tratta di 192
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