Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975

so, dal potere sul testo. Il ruolo del critico, la sua egemonia sul testo, generano un proletariato di >lettori. Non resta al lettore « artiste » che perdersi come il baudelairiano flaneur nello spazio e nel tempo di questa nouveauté, opponendo un'ultima soggettiva resistenza al­ la consegna dell'arte come separata dalla produzione di merci, affidarsi all'ultima gratuita percezione della bellez­ za del testo, appropriandosi liberamente del senso al di là deHe categorie interpretative del critico. Oltrie questo intermezzo sul lettore flaneur, sono le pagine di Benjamin stesso a suggerirci, per analogia (e non si capirebbe nè Benjamin nè il suo Baudelaire al di fuori di questo spazio), i,l finale possibile di questa estra­ niazione del lettore dal senso dell'opera. « Come H Mani­ festo comunista chiude l'epoca dei cospiratori di profes­ sione, così la Comune mette fine alla fantasmagoria che domina le libertà del proletariato ». Relegato fuori della città, nella cintura rossa, i,l prole­ tariato dissolve Ja residua illusione che esso debba con­ durre a termine, in collaborazione con la borghesia, l'ope­ ra dell'89. E con la Comune tornano le barricate, e traver­ sano i grandi boulevards: l' embellissement stratégique di Haussmann è rovesciato. Con la secca dialettica della vio­ lenza Benjamin commenta: « L'incendio di Parigi è la de­ gna conclusione dell'opera devastatrice di Haussmann ». I lettori, ricacciati fuori del recinto di comprensione dell'opera, avranno la loro Comune? E avranno il loro Rimbaud? Antonio Prete

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