Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975
linguaggio è tutt'altro che chiacchiera o discorso e che la scrittura non è del soggetto. La posizione notturna e solitaria del nostro autore è giocata sui registri dell'immaginario desiderio, la sessuali tà è appesa a un fantasma di fusione autoerotico: l'auto re a banchetto coi suoi padri si appropria il corpo della ,lingua e partecipa alla comunione infinita. Al fantasma che di tanta produzione letteraria restituisce solo l'imma gine propria dell'autore a tavolo, si schiude , la tavola, gastronomia di una imbandita divorazione, a tavola fra colleghi, di cibo « familiare». L'autore si difende da due rischi: non avere niente da perdere e niente da ricordare. C'è sempre qualcosa da perdere quando si ha un linguaggio (una tecnica e molto da dire) e c'è sempre qualcosa da ricordare, alludere o caricare di assonanze, quando si ha una storia, e natural mente un desiderio. Siamo dunque nella letteratura della salvezza: soteria e sottise. Il mito è la sottolineatura del senso; e si intende che qui il senso è il compromesso fra natura e cultura, fra oggetto e soggetto, è il valore del segno che toglie la bar ra fra significante e significato. Il senso si confonde allo ra con il buon senso, ove, comunque, un padre c'è sem pre per mimare il simbolico con il familiare, esso non è morto perché ha ancora un compito nei confronti del fi glio: assicurargli che non c'è - altro. La domanda d'esame La metafora PI'esentavo a un esame Ja « fisiologia del mito», la ma teria era per me di grande interesse ed era stata prepara ta con cura. Il desiderio che mi teneva sospeso alla cosa del mito si adattò male alle domande fattemi: mi fu chie- 144
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