Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975

del soggetto, non essendo in causa la chiacchiera orche­ strata nei discorsi ma il ,limite di silenzio in cui chi parla cessa di saper rispondere: io. Infatti è questione di non sapere. E' nell'interruzione fra lo spazio in cui il soggetto si dice e quello in cui è detto, parla altro da altrove, che il linguaggio passa nel soggetto sostanzial­ mente come afasiaco, tracciato di silenzio e prossimo al vuoto. Tale afasia è strutturale e si oppone all'impotenza della chiacchiera che copre sotto il fiume di parole il proprio niente, il più di senso che scivola sul significan­ te, incontro col padre e ritorno del rimosso. Fantasma, secondo l'algoritmo lacaniano, è il vuoto che sospende (sbarra) il soggetto davanti alla cosa causa del desiderio, cosa per altro buca, posizione della struttu­ ra in rapporto a cui le cose dei desideri sono la sfilata infinita o la chiacchiera della volontà di felicità. Non a caso ciò che resta posto è che la cosa è lì offer­ ta al desiderio di sapere. Al desiderio di sapere, la cosa (ed è cosa mitica posta miticamente nel rapporto biunivoco della nominazione) risponde nel soggetto con la parola, ansia e fatica sono il lotto di chi dà la parola alla cosa perchè gli parli del desiderio. Il sapere del desiderio è l'analisi della struttura, ma qui il soggetto non si sa, mentre è proprio con lui che ,la parola tesse la sua rete di desiderio; e si tesse con due z·eri, il soggetto sospeso, il desiderio non c'è. Il Banchetto Che il padre sia morto, che il linguaggio non sia cosa o nella cosa, che la castrazione apra con il simbolico un altro incontro di quello con il padre infero o biografico, che in fondo non ci sia nessun incontro ma che il reale incominci di lì a lavorare il soggetto, vuol dire che il 143

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