Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975

(strutturato ) cedono al mito rettilineo e naturalista della sperimentazione e alla sua afasia. In questo terreno la cosa (estetica oggettuale o ogget­ tualità linguistica) e il soggetto psicologico-conoscitivo (fenomenologico) si affaticano nell'affrontamento e avvi­ cinamento, incapaci come sono, nel rigonfiamento di se­ so mitico, di situarsi altrimenti che nell'impasse che li caratterizza. Il ripensamento critico della neoavanguardia non ha tanto teorizzato la pratica di scrittura nei suoi rapporti col soggetto quanto piuttosto ha tentato di mantenersi a un livello di critica della cultura e ha investito il mito (quando lo ha fatto) dal punto di vista di un'operazione culturale che aveva di mira un certo discorso sulla demi­ stificazione e una nuova formalizzazione della produzio­ ne letteraria (fino a costituire un nuovo mito di cui Sanguineti parla e indica operativamente una sorgente nel tesoro del simbolismo junghiano). Ansietà e fatica, affrontamento e abbreviazione appar­ tengono alla parola mitica. Questo tete-à-tete « E' perché la sessualità è enigma che l'enigma è an­ che una traccia fedele dell'origine sessuale. E questo tete-à-tete con la Sfinge, limitato allo scambio di doman­ de e di risposte, è forse in se stesso più erotico di qualsiasi rappresentazione evocatrice di una unione com­ piuta». La citazione da André Green (Un oeil en trop - Ed. de Minuit - 1969) stringe da vicino il tipo di tete-à-tete di cui è questione in questo scambio di domande e di risposte. A chi risponde chi scrive? mai nessuna sfinge si leve­ rà a interrogare e nessuno scambio prenderà parola nello scritto; c'è un debito a cui la scrittura non manca di te­ nersi in qualche modo in condizione di solvibilità senza 141

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