Il piccolo Hans - anno I - n.4 - ottobre-dicembre 1974

Si verificherebbe dunque la situazione paradossale del­ l'intellettuale analista della classe operaia analizzante presso la stessa classe o, rovesciando i termini, dell'ana­ lista in controllo presso il suo stesso analizzante dive­ nuto analista. Ed . è quanto basta perché l'intellettuale analista non possa, prendendo la parola o fissando il proprio ascolto, trasformarsi in uno psicagogo, ma . fun­ zioni solo come mediatore perché l'analisi sia possibile dalle masse alle masse. 9 Ora, quale vogliamo che sia oggi la nostra pratica: a) quella della teorizzazione del passaggio dalla scien­ za alla verità attraverso la scrittura e cioè attraverso una pratica del discorso analitico in una parola scritta rivolta all'ascolto di un oggetto perduto. Nella misura in cui la scrittura interviene nel nostro lavoro intellet­ tuale siamo nel discorso analitico, nella misura in cui non interviene siamo nella critica dell'ideologia. I com­ piti sono entrambi fondamentali e non antagonistici se, come noi crediamo, è possibile praticare la scienza con­ tro l'ideologia occupando il posto dell'enunciazione, e cioè rinunciando alla pretesa codifica totale del discorso per farvi irrompere il soggetto. Irrompere, anche qui, s'intende non spontaneisticamente come liberazione di un nostro «istinto», ma come riconquista al discorso di ciò la cui rimozione ne aveva posto la possibilità stessa: castrazione, e sfruttamento del proletariato su cui si fonda la possibilità del discorso illuministico. b) quella dell'ascolto analitico dell'analizzante massa, e cioè di una disattenzione analitica all'utopia borghese del proletariato e di una attenzione ai lapsus del pro­ getto umanitario dove l'abiezione del proletariato parla un discorso osceno all'immaginario borghese. Più preci­ samente quella del sapere sull'analisi e sull'analizzante propria all'analista che scrive di casi clinici. 61

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