Il piccolo Hans - anno I - n.4 - ottobre-dicembre 1974

bile quanto la donna-madre, è il limite della tenda, ce­ leste e cristallina, il limite della dimora, della donna, oppure una donna-limite. E' per inclusioni successive e segmentarie che questo Uno unisce la collezione di quelli che gli sono «sottomessi», che gli «appartengono», e permette loro di essere insieme («fratelli») . E' notevole che questo Uno-monoteista, importato di­ rettamente dal giudaismo, sia stato «trattato», elaborato in questa forma dell'involucro femminile, materno, no­ stalgioo ma acquisito. Senza dubbio ha un certo peso il fatto che la terra sia sempre già acquisita. La tribù ebraica ha elaborato diversamente il suo rapporto al­ l'Uno: la sua unità è quella dell'elemento «distinto», «eletto» , e dunque, in parallelo diretto con l'Unità di­ vina. Donde l'erranza (con all'orizzonte una terra assente, promessa, problematica) ha come molla un tratto fallico in spostamento; essa singolarizza piuttosto che unificare. L'Islam mette l'Uno al posto che permette agli altri (che gli sono sottomessi) di fare un insieme, all'Ebreo che si è messo in parallelo con il suo Uno, è per così dire garan­ tito il «fallimento» dell'insieme, ma garantita anche la deriva irrimediabile della sua questione. Un altro aspetto sorprendente della città islamica tra­ dizionale, è l'impressione di un pullulare delle dimore, di una proliferazione delle cavità, delle botteghe, dei détours, in breve, delle «unità» abitate, non nelle loro giustapposizioni unitarie, ma in una sorta di aderenza che le fa aderire le une alle altre. Bisognerebbe qui p:rendere «ade:ren:m» nel senso strettamente topologica 2 : in effetti, nessuna casa, nessun elemento costruito pos­ siede una «vicinanza» che non incontri l'insieme degli altri. Si ritrova l'impressione che il tessuto urbano sia la saldatura bordo a bordo delle unità bucate in una stessa massa brulicante e placentaria. Questa assenza di «vicinanza» autonoma e disgiunta dal resto, co:rrisponde 40

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