Il piccolo Hans - anno I - n.4 - ottobre-dicembre 1974

del superfluo, situandosi in pieno nel campo della parola e del desiderio: in questo caso come per ogni altra pul­ sione l'eccitazione viene « dall'interno»; la città « si eccita», nei suoi riferimenti simbolici e i suoi formicolii immaginari, e in questa eccitazione costante ciò che rimuove è ciò che le ritorna più sicuramente. C'è un fantasma da cineasta 1 che mette i puntini sulle i; il padre sta per morire, ma nella forma della putrefazione; sua moglie e sua figlia lo avvicinano soltanto tappan­ dosi il naso; lui che aveva passata la vita a maneggiare denaro, muore da escremento; col che all'amore è dato un ritmo o piuttosto un indice da questo nome-del­ padre-stronzo, da questa decadenza paterna; l'amore non può farsi che tra i flussi e i fiotti di lordure e di rifiuti. Questa digressione, al solo scopo di ricordare che le vicissitudini della pulsione nelle formazioni sociali sono assolutamente all'ordine del giorno, e che ciò abbia a che fare con l'articolazione materiale e significante dello spazio, è evidente. Ma torniamo allo sguardo: lo spazio costruito lo sollecita e l'interroga, non solo in quanto si dà da vedere, lo spazio, ma anche in quanto è esso stesso sguardo: sguardo dell'Altro certo, che può dunque significare qualche cosa del desiderio dell'Altro, e di conseguenza semplicemente del desiderio che fa correre ciascuno in questo spazio. Non abborderemo qui gli affinamenti con cui la civiltà cattolica e romana ha catturato lo sguardo, l'ha mastur­ bato, esaltato fino al delirio perverso: basta passeggiare a Roma e lasciarsi irretire dalle sue delizie, per accor­ gersene appena si ritrovano i propri spiriti. Ma nella città islamica di un tempo (dunque quale sussiste oggi) le donne non portano a spasso della loro silhouette che uno sguardo, e i vicoli che fanno labirinto, circondano il visitatore con gli sguardi (femminili) ch'egli può indo­ vinare in fondo alle rare finestre e il cielo verso cui gli 33

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