Il piccolo Hans - anno I - n.4 - ottobre-dicembre 1974

faccia a faccia vertiginoso con una creazione musicale la cui chiave sembra impossibile da afferrare. E tuttavia si può notare che, salvo poche . eccezioni, i musicisti sono sempre stati piuttosto portati verso la difesa dei valori tradizionali, verso la religione, perfino verso la reazione sociale. Sem­ brano dunque, anch'essi, molto « impegnati ». Non ci si può attenere alla prima impressione che situerebbe il pittore dal lato della società, e il musicista dal lato della trascen­ denza. Se, anziché il loro atteggiamento individuale, si esa­ mina la natura dei concatenamenti collettivi in seno ai quali l'uno e l'altro sono presi, il paradosso si conferma. Infatti, la produzione musicale procede a partire da va­ stissimi concatenamenti collettivi, essa implica un'impor­ tante divisione del lavoro e si appoggia su tutto un phylum musicale. Ogni musicista scrive nel prolungamento delle scritture anteriori; qualunque siano le novità che apporta, egli resta tributario di tutta una tecnologia, di tutto un insieme professionale per manifestare la sua opera. I musi­ cisti partecipano di una sorta di casta, dai rituali molto elaborati, una casta che occupa d'altronde un posto non trascurabile nella gerarchia dei poteri reazionari. (I pittori hanno, senza dubbio, meno a che fare con i poteri aristo­ cratici che con i poteri finanziari.) Si dovrebbero opporre, qui, le macchine astratte della musica (a-significante e deter­ ritorializzante se mai qualcosa lo è!) alle strutture delle caste musicali, ai Conservatori, agli imperativi di scuola, alle regole di scrittura, al sistema d'impresario, ecc. Si vedrebbe che il concatenamento collettivo della produzione musicale è organizzato in modo da frenare, da ritardare la potenza di deterritorializzazione messa in giuoco dal phylum musicale. Bisognerebbe riprendere, qui, la storia dei rapporti tra la Chiesa e la musica e, questo, sin dall'origine della polifonia. La chiesa, ad esempio, ha sempre tentato di ostacolare l'espansione macchinica della musica strumentale, essa ha per lungo tempo voluto limitarsi alla voce. Essa ha tentato di fissare dei quadri dogmatici di scrittura, d'imporre degli stili, delle forme di composizione. All'opposto, uno dei « tratti pertinenti della materia dell'espressione pittorica », per riprendere la formula di Christian Metz, risiederebbe forse nel fatto che il pittore, malgrado le apparenze, è molto più solitario del musicista. Le scuole, la tradizione hanno molto meno peso su di lui. Ad ogni tela, più o meno, tutta la pittura è da riprendere da zero. Le forme musicali inva- 146

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