Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974
prima che sia questione di un qualsiasi rapporto al- 1'esterno. Nella scrittura non c'è esterno-interno come non c'è nell'inconscio, lo sguardo che viene da essa non può che porre la questione di quell'istituirsi del soggetto in essa di fronte a cui la riga non fa che ripetere la propria in-differenza, cioè l'indifferenza del soggetto che non vede e non vede proprio la differenza che nella lettera articola la prima frase: fort-da. Che sia un istituirsi violento ce lo dice Freud nella Verneinung, il rigetto istituisce il giudizio, la frase nasce come sconfessione della lettera. La frase unisce nel di scorso la differenza che resta nella lettera. Il sotto-linea accentua la frase, esso è sintattico, la riga bianca, con serva il suo cuore letterale. Non porre ill tratto sotto la linea è una violenza, il soggetto si astiene dalla frase, dall'unificazione nell'iden tico e lascia lo spazio in-differente alla migrazione della lettera sulla riga, alla sua violenza devastatoria fa faccia un soggetto sperso che non riconosce . Voler parlare dello statuto dell'intellettuale apre nel libro la ferita della riga. Una riga e uno spartiacque permettono, in qualche modo, di situare la posizione di chi sta dietro a farsi guardare: pare che ci sia un voyeur e un esibizionista. Che cos'è che chiama lo sguardo sulla riga, che do manda di essere guardato da essa? P. Aulagnier e J. Clavreul insistono su questa do manda: « di che occhio la madre vede il suo bambino che la guarda?» L'accento che pone Freud in « Pulsioni e destino delle pulsioni» sulla coppia delle formazioni attive e passive in cui « la mira attiva appare prima della mira passiva», e in cui « la pulsione di guardare è in effetti, all'inizio della sua attività, auto-erotica», situa la pulsione sco- 50
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