Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974

danno luogo a una vera combinatoria, quella che lega il soggetto al sapere, al suo desiderio di sapere e al suo desiderio in quanto soggetto. La linea sotto appare più come uno spartiacque e una frontiera, da una parte la riga, una scrittura inquietante, in-differenza nella differenza, che guarda con la sua que­ stione non detta sul soggetto, e dall'altra la scelta sicura e scientifica dell'occhio che vede dalla parte di chi sa: la differenza indifferente. Se lo sguardo di Lautréamont è lo sguardo violento che le cose hanno su Maldoror, e se questi è tutto nella dimensione omicida di uno sguardo che lo mette al limite della distruzione davanti a uno spazio differente da quello geometrale, davanti al non visto della coscienza; egual­ mente lo sguardo inaccertato della riga pone l'occhio da­ vanti alla misura omicida della scrittura. Là dove il sog­ getto si fa, es-so resta preso in questo sorgimento in-dif­ ferenziato che sfugge all'occhio vigile del soggetto co­ sciente, manifesto nel sottoriga. Inoltre, che Maldoror sia guardato dalle cose, e con quale sguardo, non è lo stesso di chi è guardato dalla scrittura nella riga, qui c'è piuttosto un doppio salto. Maldoror-Lautréamont non vede ma è visto, il non vi­ sto passa nello sguardo, l'inconscio colpisce l'occhio dal suo rovescio; dalla riga passa direttamente lo sguardo delle scrittuJ:1e, del movimento infinito della lettera che costituisce l'occhio di Thot, vi è qui un secondo grado del questionamento che il soggetto riceve sul proprio isti­ tuirsi nella parola. Il reale si spalanca allo sguardo su Maldoror, un reale oltre la veglia, oltre il sonno, nel momento del risveglio - come uno sballonzolamento davanti alle cose. Ma la scrittura sta prima; come nelle Scritture le cose provengono dalla nominazione dei sette famosi giorni, il reale è preso nella parola in cui il soggetto si istituisce 49

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