Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974

usare, un solo territorio che non può occupare, ed è sé, come nemico. « L'alba li-coglie in campagna mentre camminano at­ traverso un campo d'erba. Camminano lentamente, a brac­ cetto, come una coppia di fidanzati. Alcuni colpi di pi­ stola li raggiungono. Cadono sull'erba» (fine della sce:i;ieggiatura di Il portiere di notte, cit). Come una coppia. Gradevole è per il carnefice la fin­ zione di morire, nell'amore, con la sua vittima. Sta alla vittima doppiare la finzione. Colpito da un colpo di pi­ stola, anche Charlot cade di schianto a terra, morto. Ma appena il nemico gira la testa, eccolo, prodigiosamente di nuovo in piedi. La sgradevolezza è nella incoerenza e nell'inganno della finzione in un mezzo ' di finzione. Il si­ gnificante nota di Sade finale a pie' del libro ricopre la estensione dell'intero significante libro di ostilità, ogni dolce parola detta su Adelaide (Adelaide di Brunswick) diventa una coupe-corde di cui Adelaide nella sua inno­ cenza non intravvede la via di uscita. La chiave, cogliere l'istante del massimo piacere nemico, è infatti negata, alla casta Adelaide, con il libro stesso. La nota rivelatrice (« La precedente narrazione si riferisce a un fatto storico del secolo decimoprimo, ma l'autore, non avendo trovato in Adelaide che uno di quei caratteri odiosi alla nostra mentalità, s'è visto costretto ad apportare tali e tanti cambiamenti da potersi tranquillamente attribuire lia qua­ si totalità del merito dell'invenzione ») giunge come il tratto di corda imprevedibile e mortale. Virginia Pinzi Ghisi

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