Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974
tanto si è parlato a proposito della narrativa kafkiana è l'altra faccia dell'ovvietà e dell'evidenza, meglio ancora, è la faccia interna di queste ultime quale si lascia cogliere dallo sguardo curiosamente ' malato ' di chi soffre il «mal di mare in terraferma» 5, la vertigine dell'irrealtà, l'insicurezza del possesso: «lo ero così incerto di tutto che possedevo effettivamente solo quel che tenevo in mano o in bocca o quanto era almeno sul punto di arrivarci» 6 • L'esperienza è «incerta» e «fluttuante» (W. Benja min) perché è al tempo stesso esperienza del reale e del possibile . Poiché l'uno non può essere distinto dall'altro, essa diventa enigmatica ed ipotetica. Ma la sua proble maticità non si presenta in forma drammatica e il suo alone d'angoscia è come brace che arde sotto la cenere. L'ovvio è semplicemente divenuto imperscrutabile. Quan do l'esperienza si solleva da questo suo margine irreale reale, esprimendosi come favola poetica - come nel Ca valiere del secchio o nel Cacciatore Gracco - essa di venta Gleichnis, ma il termine del suo rinvio è assente. Ciò è possibile proprio perché il modulo semàntico che governa questa scrittura, lungi dal situarsi sull'asse della comparazione o del confronto; trascende ogni con fronto e ogni comparazione, facendo slittare la causa nel- 1'effetto e viceversa così che il castigo precede la colpa e la rassegnazione di fronte al male come, per altro verso, la lotta diventa una forma stessa del male. L'ontologia di Kafka è secondo G. Anders un' ' onto logia del non-essere '. Ma l'essere del non-essere non è, è fantasma. E' dunque una pseudo-ontologia, nel senso che l'uomo di Kafka agisce ' come se ' esistesse, poiché non può dimostrare se stesso. Anders cita giustamente, a que sto proposito, il Gespriich mit einem Beter: «Non c'è 133
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