Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974
una sotterranea corrente «di corrispondenze, di ana logie», sorta di « poesia nello spazio». Artaud, d'al tronde, soffre di un taglio tra vita e pensiero; questo ultimo, a causa della struttura del sistema occidentale di linguaggio (diciamo le lingue appartenenti alla fami glia linguistica indo-europea, in particolare la gram matica greca che ne costituisce una specie di modello compiuto) da cui dipende tutta la logica aristotelica, quest'ultimo essendo ridotto a un «nucleo morto», a una successione di «effigi», di «riflessi» (cfr. i numeri di Tel Quel contenenti gli studi sulla lingua e la poesia cinesi). «Sotto la grammatica, scrive Artaud, vi è il pensiero». Ed è questa grammatica a fondare a un tempo il soggetto occidentale e la fondamentale nozio ne di sostanza su cui poggia la filosofia sin da Platone. Mentre il pensiero cinese, come spiega Chang Tung-Sun, non mette l'accento sul cosa ma sul come. Ciò che manca a Artaud, precisamente, non è una sostanza di pensiero ma la maniera. La grammatica occidentale, per lui, fissa, localizza intorno a un punto, impedisce al pensiero di svilupparsi nello spazio, nel tempo. Essa interdice «fol gorazione» e «intensità di visione», un'estensione di concezioni, essa blocca, coagula ossia concettualizza là dove il carattere ideografico cinese, a registri multipli (grafico, fonico, morfemico) permette al pensiero di essere un tragitto incessante, una relazione dialettica tra i segni, una mobilità, una disponibilità, un luogo permanente di passaggi, ogni carattere avendo delle se rie di usi derivati gli uni dagli altri e non potendo essere colto che con l'ausilio del contesto. «Ci vuole la cor rente». La lingua che Artaud invoca è quella in cui «10.000 SENSI SONO (SOSPESI) SOPRA OGNI FRASE, OGNI PAROLA, LA MINIMA INTONAZIONE»; «le pa role arrestano e paralizzano il pensiero anziché favorirne lo sviluppo (...). Le parole sono gelate, ingoffate nella loro significazione». Ciò che colpisce dolorosamente il 92
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