Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974

starlo « con i veleni del suo culo»; non è lei che lo ha creato, fecondato, egli s'è fatto da sé, con il proprio soffio, a « blocchi interi». Lingua ch'egli sente estra­ nea, sollecitato, scosso com'è da un'altra lingua, più lontana, più antica, più materiale. Una lingua che disar­ ticola l'altra, la fa d'improvviso mancare, viene a coz­ zare nella bocca, contro i denti, torce la carne della lingua e spinge Artaud, in un gesto di ritorno della violenza, a spezzare la sua lingua materna, lessicalmente, sintatticamente, a romperle la colonna vertebrale, a let­ teralmente tritarla, macinarla, disossarla, rendendola assolutamente irriconoscibile. Un movimento scandito, « fuor di parole», « tra negri, cinesi, indiani ... sarò sem­ pre io questo che parla una lingua straniera (...). Quan­ to al Francese, esso rende malati, è il grande malato... Or sono ormai cinquant'anni che mi tiene nella sua lin­ gua». E' interessante rileggere la precisa analisi che Artaud, nelle lettere indirizzate a diversi corrispondenti, fa del suo stato fisico e mentale. Effetto di una lingua, sembra, che viene ad occultare, a sovrapporsi al suo linguaggio « razionale grammaticale» e quasi a ricac­ ciarglielo in gola. E questa lingua eh'egli ha « sous arbre», sotto bosco, di cui sente l'azione sorda, pro­ fonda, ha la materialità operante d'ideogrammi. In Il Teatro e il suo Doppio, nei Messaggi Rivoluzionari, il riferimento alla lingua cinese è particolarmente insi­ stente. L'interesse di Artaud per il teatro, per lo spa­ zio scenico, segnatamente per le pratiche teatrali orien­ tali, ha la sua origine nel rifiuto esasperato di un lin­ guaggio lineare, discorsivo, che consuma la « rottura fra cose e segni». A quel linguaggio articolato Artaud oppone un linguaggio più fisico, concreto, dinamico, non unificante, non totalizzante, polivoco, transcorsivo, basato sul segno, non sulla parola, che abbia uno svi­ luppo « su tutti i piani possibili e in tutte le direzioni», le sue intonazioni, la sua « propria musica»; fatto di 91

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