Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974

porta oggi con sé. L'autore dei Tarahumara, ammiratore degli uomini bronzei dell'Antico Messico, « conserva­ tori di morti», lo sentiva bene questo lezzo, lui che rimproverava ai surrealisti, Breton in testa, di essere dei simulatori, dei « profittatori della realtà», manipo­ latori come L. Carroll, di « linguaggi di superficie... che respirano gli ozi felici e le riuscite dell'intelletto». « Era forse questo, chiede Artaud, il movimento di rivolta, quell'incendio alla base di ogni realtà?»; « In questa rivolta impegnammo la nostra anima e la impegnammo materialmente {sottolineato da Artaud)»; « nella co­ scienza disperata della gioventù una nuova idea di cul­ tura è nata (...) questa gioventù non intende più essere ingannata (...). Essa non accetta che si separi la vita dell'uomo da quella degli avvenimenti». La sua rivolta « è rivolta contro un sistema sociale iniquo, rivolta an­ che contro la presa mostruosa dei Padri». Non vi era forse qui l'annuncio delle grandi rivolte ideologiche che scuoteranno l'occidente capitalista, come in Francia mag­ gio 68? Rivolte che né i surrealisti ieri, né i revisionisti oggi, possono non dirò condurre a fine, ma nemmeno semplicemente suscitare. Perché fra gli altri acceca­ menti, gli uni e gli altri hanno ignorato, ignorano che una cultura, nel senso forte che le dà Artaud, nei suoi sprofondamenti e sollevamenti, può traversare, può sconvolgere i corpi. Così, nel suo rapporto con l'Oriente, Artaud non si comporta da esteta che contempla ed ammira; l'orien­ te, per lui, è qualcosa che lo lavora dentro, lo percorre da un capo all'altro, lo blocca o gli dà slancio, una forza terebrante che lo fa urlare, che tortura il suo corpo e la sua lingua di occidentale. Perché è dalla lingua che ciò comincia in lui. Una lingua ch'egli non ha scelto, arbitraria, imposta dall'esterno; lingua materna, come si dice, ma per Artaud la madre è una matrona che con un « atto osceno» ha tentato di contenerlo, di arre- 90

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