Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974

te, è il colabrodo della cultura e del baluardo che essa erige all'insorgenza della jouissance del soggetto o infine all'avvento sulla scena del proletariato come pratica del­ l'oscenità e derisione, pratica del rimosso della storia. L'assunzione della resistenza del significante alla signi­ ficazione scava nel discorso una fessura in cui l'inconscio si inscrive in un ritmo che non saprebbe ridursi all'uto­ pia della liberazione dei flussi desideranti. Ciò che è in gioco è una dialettica di spazi, dove il soggetto trova uno statuto alla sua verità nella finzione che lo lega alla menzogna. L'impotenza ad accedere alla pratica rivoluzionaria materialista o anche alla sua pensabilità mostra la logi­ ca dello schiavo che non ha accesso allo spazio diffe­ renziato della pratica rivoluzionaria ed eccedente che noi poniamo come sgorgo del politico e suo solo mo­ mento possibile. La nostra pratica di una politica dell'impossibile de­ creta l'impossibilità del politico. Essa comincia con l'av­ ventura di una sovversione radicale dell'opera d'arte e delle leggi del discorso dominante. Il Bataille dell'Im­ possibile non smentisce il Bataille della dépense. L'espe­ rienza interiore è l'esperienza che l'esterno ha dell'in­ terno e sul terreno aspro dell'impossibile non spira l'au­ ra dello Spirito, ma soffia il vent du dehors. Il politico si configura come un'operazione comples­ sa abissale surdeterminata in cui il soggetto, riscattato dallo specchietto per allodole del familialismo organiz­ zativo corporativo, è di fronte allo spazio del suo inve­ stimento libidinale in una pratica e in un'economia che si aprono di colpo all'impensabile rimosso di ogni idea­ lismo per manifestare la jouissance di lavoro-corpo-ma- 9

RkJQdWJsaXNoZXIy