Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974

siera sta per riporre le pentole di rame dorato i came­ rieri mi guardano. Giù, il cortile è bianco, di un bianco accecante, un rettangolo di muri bianchi. So che sta per venire. Viene un uomo, viene su di me, una donna cerca di fermarlo, fuggo di corsa risalgo lungo i banconi grido nel risto­ rante « laggiù grido, un uomo negro sta per uccidere una donna indigena»; so che accorreranno. Aspetto, fer­ ma, rigida, seduta a un piccolo tavolo rotondo, i tavoli sono stati scostati per lasciar passare la barella. Eccolo, lo vedo laggiù, in fondo, gli infermieri lo portano: lo hanno preso! La barella si avvicina, salva, so di essere salva, lo vedo avvicinarsi, quando è a pochi metri incon­ tro il suo sguardo, è lui. Quando è a pochi metri si alza sui gomiti e mi guar­ da, ridendo. Volto la faccia. Quando è a pochi metri, sta per passarmi davanti, gli infermieri lo portano, sulla barella. Quando è a pochi metri si alza sui gomiti, sono salva, e mi guarda ridendo. Volto la faccia. Sta per passarmi davanti, mi passa da­ vanti, mentre mi passa davanti allunga un braccio, un dito e mi tocca col dito tra il collo e la spalla. Poi si allontana sulla barella. Non so se mi ha detto « Vedi, è semplice», temo, forse suppongo, penso che può avermi ucciso, colpito con una punta avvelenata, « Mi hai ucciso! » grido « dim­ mi se è vero!». Si alza di nuovo sui gomiti, era morto ferito steso sulla barella, e si volge, prima di scomparire, mi guarda e grida sorridendo « Verosimilmente - no!». Lui è scomparso. Ma rimangono gli incidenti, scendo dal ristorante, la via è piccola, guardo sul fondo. 58

RkJQdWJsaXNoZXIy