Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974

L'elemento manifesto che subito mi rinvia alla veglia è Bergamo, per una discussione con mio padre sull'Ac­ cademia Carrara. Ma dietro alla monografia sul cicla­ mino c'è, nel sogno di Freud, il ricordo della lenta e volut­ tuosa distruzione del libro d'immagini. E accanto ad essa c'è la conversazione con Koningstein. Così l'intera provincia di Bergamo mi rinvia a una serie inesauribile di scampagnate domenicali a dieci-dodici anni, trasci­ nato dai miei in qualche chiesa a caccia di affreschi e poi in un'osteria per l'immancabile polenta e usei. E il iinguaggio manifesto qui si tradisce, perché nei piaz­ zali di paese davanti alla chiesa parrocchiale, dove resta­ vo o scappavo annoiato, era sugli Adorno che giocavano al pallone che il mio sguardo si fissava e mi lasciava inse­ guire il sogno di gite in montagna dove i compagni di scuola sciavano provetti. L'evento più importante della veglia non è però la conversazione su Bergamo che ritorna nel contenuto manifesto, ma un monologo davanti alla vetrina di un cartolaio all'ingrosso. Mi dicevo che le aspirazioni tota­ lizzanti del mio sapere avevano fatto della mia penna un accorto strumento per ripassare sulla lettera e che si trattava ora non di ricominciare, ma di cominciare a scrivere in una pratica della fessura. E pensavo a tutte le cose scritte sul nastro mobile del paesaggio nei miei viaggi in treno, pensavo alle pile di carta imma­ colata in fondo a un cassetto e agli spazi tutti pieni dei miei scritti. Mi dicevo che un inizio deve essere san­ zionato da una materia nuova. Decidevo insomma di acquistare carta e penna nuove. Entravo, sceglievo con cura una biro e chiedevo quindi, nonostante le pile vergini in fondo al cassetto, un'intera risma di carta. Prisma/risma. Sembra che la risma comprata, sparita dal contenuto manifesto, sia venuta ad iscriversi nel titolo del libro di Adorno. Ma da dove viene allora questa P? La metafora Ber- 14

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