Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974
divano turchino, è seduto un professore universitario. Ne vedo solo la testa pelata e la montatura spessa e nera degli occhiali perché ha il capo chino su un testo che ha tutta l'aria di essere una tesi di laurea, ma in realtà è la conferenza che tra pochi minuti Adorno, presentato da lui, leggerà di fronte a una folla di studenti nell'aula magna che è qui accanto. Dialoghiamo. Parlo io per primo e ripeto cose già orecchiate, ma con convinzione. Dico: In fondo se doves simo dar retta a te non faremmo altro che subire l'alie nazione di ogni giorno senza rivoltarci, per poi passare la sera a suonare dischi di Mahler e leggere Thomas Mann. Adorno: Ma non è vero, nei miei libri c'è ben altro. Io: Ma insomma, Dialettica negativa, in fondo è questo. Adorno: Ma no, ma no c'è ben altro. Io: Ci sarà anche altro, ma in Italia è questo che è stato capito. Adorno: Allora non sono stato capito. Ad ogni modo la mia non è un'azione violenta. Cambio di scena. Siamo in anticamera davanti alla mia biblioteca. Adorno cerca nella scansia centrale le sue opere, vuole mostrarmi nel testo l'infondatezza delle mie rimostranze. Trova finalmente Dialettica negativa e comincia a sfo gliarla. Io sono davanti alla scansia di destra e lo sguar do mi cade su un'opera di Adorno che improvvisamente ricordo di aver solo cominciato. Terrorizzato dall'idea che Adorno possa accorgersene, gli lancio uno sguardo: è intento a cercare un passo di Dialettica negativa. Mi giro e copro con le spalle una rapida operazione per cui prendo il libro dallo scaffale, ne apro ad uno ad uno i quinterni e lo rinfilo al suo posto. Salvo. Il libro in questione è Prismi. 13
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