Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974

dall'insegnamento di Freud e dalla teorizzazione che Lacan porta avanti a Parigi da più di quindici anni. Il linguaggio diviene il luogo di una polifonia musi­ cale e pulsionale in cui il soggetto si moltiplica e si conosce nel fuori del suo discorso, nella lingua rimossa e sfilacciata delle masse, nell'incidenza della storia che preme dentro e fuori un discorso minacciato e infinita­ mente castrato nell'erotizzazione costante della danza che lo porta. Assimilare il récit al ricordo di copertura ha un sen­ so solo estemporaneo e metaforico tuttavia può indicare una posizione ideologica cui esso si riferisce: il pro­ cesso di identificazione che ricostruisce, unificando i pezzi del discorso intorno a un centro, il soggetto, pure con infinite mediazioni, sulla misura immaginaria della sua unità. Che poi la dimensione immaginaria sia necessaria­ mente coinvolta con il gioco speculare identificatorio è vero solo in parte o è vero fino a che essa non venga presa in un processo di corrosione-spostamento che sia in grado di mantenere l'eterogeneità altrimenti sop­ pressa. Il récit stesso si dibatte in un terreno fortemente omogeneizzante senza per altro che siano esclusi movi­ menti centrifughi e possibilità di decostruzione del co­ dice compositivo all'interno di esso, con rotture, salti e decentramenti fino a frammentarlo e moltiplicarlo all'infinito. Il soggetto per la nuova rivoluzione copernicana (la scoperta freudiana dell'inconscio) decentrato e diviso nel linguaggio, nell'inconscio, non si presta più all'av­ ventura romanzesca o poetica in posizione centrale e unificatrice ma, esso stesso sconvolto e frammentato, 119

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