Il piccolo Hans - anno I - n. 1 - gennaio-marzo 1974

ta. Parafrasando Hegel, la verità del quadro di piacere è la cornice. Una cornice che ripete istericamente: man­ ca il braccio sinistro di Baudelaire. Ed è il braccio si­ nistro di Baudelaire che iscrive sul lato sinistro del quadro la verità di una menzogna che invano la destra - la destra che regge la penna - ha cercato di occultare con i falsi ricordi di Londra nella lettera a Champfleury. Ciò che la riproduzione parziale nasconde è cosi due volte il dietro del quadro: l'irlandese col corpo del ma­ nichino e la parete. Détail: il quadro si espande forse all'infinito, ma il détail è qui già Courbet che nel dipin­ to dipinge. Nascondere lo scarto tra la rappresentazio­ ne e il preteso reale rappresentato, assente nello spazio chiuso dello studio, non basta se già nel dettaglio con­ servato la pittura incontra il suo limite, la misura de­ finita del paesaggio sul cavalletto di Courbet. Il nostro quadro di piacere non ignora la jouissance. Il simbolico simbolizzato nel simbolico diventa lo spa­ zio dove il soggetto sa di dire: l'isterica ripetizione del­ la consapevolezza di essere nel simbolico ne smentisce l'identità possibile con il reale e inaugura il gioco con la morte. Appaiono accanto al paesaggio di Courbet che mostra il suo dietro e il suo davanti un becchino e il connubio di un teschio con le parole stampate di un giornale. L'atelier è già un quadro impossibile. E la folla attorno al maestro siamo noi in questa grande sala del Louvre, attorno a un quadro di cui non facciamo parte, un quadro dove non possiamo entrare perché vi siamo già. Lo scarto tra il quadro e noi è, sulla tela, lo scarto tra il paesaggio di Courbet e la folla nel suo studio. Ma ancora una volta noi non siamo sul­ la tela; ciò che di noi manca sulla tela è qualcosa che solo la parete può lasciar trasparire: appunto il braccio sinistro di Baudelaire. Mi raccontava che un giorno a Casablanca aveva 111

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