Pensiero e Volontà - anno III - n. 1 - 16 gennaio 1926

PENSIERO 'E VOI,QN~A' -· 9 efferati, ivedere il popolo insieme gddare. con– tro il Senato, H Senato contro il popolo, cor– rete tumulc~riamente per, ie strade, serrare le bottegihe, partirsi tutta fa pfobe di Roma, le quali cose tutt~ spaventano non ohe altro chi legge;.· dico come ogni città· depbe avere 1 suoi modi, con i quali il ipqpolo possa sfo– gare -l'ambizione sua., e massime· quelle cit– tad-i che nelle cose importanti si vogliono va– lere del ·popolo. (Discorsi, Libro I, cap. IV).. ;:·.n -più delle volte (i tumulti grandtssimi) sono causati da chi _possiede, per~hè la paura . del perdere· generà in loro le medesime . vo- .~lie che sono·. in quelli che desiderano acqui– stare; pe-r'chè noti pare agli uomini possedere sicuramente quello che l'uomò 1}ia~ se ·non ac quista .di nuovo dell'altro.' E di p,iù vi è~ che lPOSsedendo moltp,, poss·ono con maggior po– teRz.a e · maggior moto ··\fare alteràzione 1• Ed ancora· vi k di più, che loro ·scorretti ed! am– biziosi portamenti accendono nei ;pétti di chi ·no~· possiède voglia di_ possedere, o per ven– dicarsi contro di-loro~ ~gliandol,i, o per po– tere a-riéorà loro entrare. in· qÙella ricchezza, e .:in quelli. onori che veggono essere male ,usati dagli altri. ~Discorsi, Libro I; cap. yJ.. Considerando adunqu-e tutte 1qu~ste ,cose· si vede come a' legislatori di Roma era_neces– sario fare una deile due cose a volere che Ro– ma stesse inquieta co~e ·le· predette repubbli– che, o non adÒtperare,]a plebe in guerra, come i Veneziani. o non aprire la via ai forestieri come gli .Spa!tani. E lor fecero l'uno e l'altro: il che· dette alla plebe forza ed augumento. e infinite occasioni di tumultuare. E se .lo Stato ro~ano veniva ad essere più quieto, ne se· guiva questo· inconveniente, ch 1 egli era a-neo · . più debole, .perchè gli si troncava la via di potere v~nire a quella grandezza, doye e' per– venne.• In -.modo che volendo Roma levar le .._ ragioni d~' tumulti :levava ancora le ra:gioni deHo ampliare .. -Per tanto se tu vuoi fare un popolo -nu.mc– ros~ ·ed armato, per· ,poter fare un grànde im– perio, lo fai di qualità che tu non lo puoi dop~ .maneggiar-e a tu◊ modo; ·se tu lo mantiem piccolo o disarmato per poter manegg-iarlo, st! egli acquista domini<>, non lo ,puoi tenere, o div.énta si vile; che tu sei pr-eda di qualunque ti assaHa, e 'Però in ogni nostra deliberazione si "debbe considerare dove -sono meno incoll'" venienti, e pigÙare quella· ,per miglior partito, perc'hè tutto netto, tutto senza sospetto non si trova mai. Poteva dunque Roma a simili~ tudine di Sparta fare un principe a vfr.a, fare un senato piccolo; ma non poteva, come quel~ !~,, .non cr-~scere il numero d'ei cittadini suoi, vtl,endò fo.re . un grande impero; il che faceva che il re a vita e il piccolo numero del sena.cv, qÙanto .a:llaunione gli sarebbe giovato. :p-oco. (JJiscors.-i, Libro I, cap. VI). · ...Se adunque si ragionerà <l'un principe ob: bligato alle, leggi e d'un popolo incatenato da quelle, si vedrà più virtù nel popolo ohe nel principe; se si -ragionerà dell'uno e dell'altro sciolto, si vedrà meno errori nel popolo che nel ;prineipe·,, e~quelli minori, ed avranno mag:.. gioti 1imedi, perchè ad un popolo licenzioso e tumultuario, gli può da un uomo buono essere iparlato, e' facilmente ·può essere ri– dotto nella iv:iabuona; adl un principe cattivo non ,è alcuno· che· possa parla.re nè vi è altro .rimedio ~he il ferro. iDa che si può fare con– c-ettura deHa illl!Portanza della malattia del– l'uno e dell'altro; che se a curare la malattia. del popolo bastano le parole, ed a quella del principe bisogna il ferro, non sarà mai a-lcuno che non giudichi, cthe dove bisogna maggior cura siano maggiori errori. Quando un popolo è: bene sciolto, .non si teD?-ono le pazzie che que11o fa, nè si ha paura del mal -presente, ma di -quello che può nascere, potendo nascere fra tanta confusione un tiranno. Ma nei 1Principi tristi interviene il contrario, che si teme il ma– le P,resente, e nel futuro. si spera,· persuaden– dosi gli uom1ni che ·la sua cattiva vita possa ·far sorgere una libertà. Sicchè vedete la di:fie. r~nza dell'uno e dell'altro,· la quale è quanto dalle cose ohe sono a quelle· che hanno ad es– sere. Le crudeltà: della moltitudine sono contro a chi ei temono che occupi il -bene comune; quelle •d'un princpe sono contro a chi ei teme che occupi il -bene pr~rio. Ma l'opinione .con– tro ai popoli nasce, perchè dei ipopoli ciascun dice. male senza paura, e liberamente ancora mentre regnano; dèi principi si parl~ sempre con miUe 1 paure e mille sospetti. (Discorsi, . Libro I, cap: "LVIII) .. · E faci-1cos~ è a conoscere dond~ nasca ne.i popoli questa affez-ionè·dei vivere libero; per– chè si vede per esperienza· le cittadi non aver ·mai ampliato nè di dominio, nè di ric– chezzà, se non ,mentre. sono state· in liberfà. E veramente meravigliosa cosa è a conside.· rare a quanta grandezza venne_Atene per ispa~· ·zio di cento. anni,, poi ohe. la si liberò dalla tirannia di Pisistrato. 1M.asopratutto mera;vì• glliosissima·. cosa è a. ,considerare a quanta ./

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=