Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933
7 0 o G . Bucci bino : un viso patito con due occhi chiari chiari, una vocetta sot– tile, e un fare così umile e contrito, che quando accanto a lui i l cerimoniere gli andava suggerendo formule e riti, e lui, — era a n – che un po' sordo, — non capiva, e quello ripeteva p i ù forte, mon– signore si faceva rosso, tremava tutto e si affannava ad eseguire, co– me un servitorello disadatto rimbrottato dal padrone. Qualcuno, a vedere la scena, sorrideva : anche i l seminario è un mondo : ci sono i furbi, ci sono anche i maligni. A me bastava vedere- come quell'uomo diceva la sua messa : quando arrivava al domine non sum dignus, invece di dirlo piano, a testa china, lo gri– dava addirittura, fisso alla croce, col tono di un singhiozzo dispe– rato, e si picchiava i l petto veramente. E r a solo col suo D i o : s'era scordato che c'era la gente intorno. M i a madre m'aveva raccontato che la stessa cosa capitava a un santo : San F i l i p p o Neri, P i p p o buo– no; dicendo la messa, a un certo punto si perdeva a parlare con D i o ; la gente dietro poteva aspettare che finisse! Impararono poi, ch'era molto meglio lasciarlo solo. C o n quell'aspetto semplice, non poteva essere anche lui, Casali D e l Drago, un santo? Ne ebbi quasi la certezza quel g i o v e d ì santo che feci anch'io da apostolo e me lo v i d i inginocchiato davanti. L a « lavanda dei piedi » è una cerimonia che la sanno tutti : non c'è bisogno dei manuali ascetici; la descrivono quel giorno a n – che i giornali. S i sa che un tempo la faceva anche i l papa, la face– vano i re e gli imperatori : tredici poveri vecchi o pellegrini, che per l'occasione eran serviti dai potenti, ricoperti di doni. P o i l'uso si è andato restringendo : la fanno ancora nelle chiese vescovili e si faceva nella nostra. D a noi però gli apostoli erano gli alunni e preferibilmente novellini, sei di un seminario, sette dell'altro : perché Giuda non fosse sempre da una parte, i l settimo i n p i ù toccava a turno. L ' a n n o avanti era toccato a noi, e in camerata dei « piccoli » ci si era riso molto; quest'anno Giuda toccava al Seminario R o m a – no, a noi i sei giusti. Nella lista dei sei, la sera innanzi, leggo anche i l mio nome e i l cuore m i dà un tuffo. Bisogna che confessi: io sono stato sempre un ambizioso; m'è sempre piaciuto d'essere i l preferito, il prediletto, quello che gli a l – tri, i superiori, credono capace di gran cose, lo accarezzano, gli mostrano fiducia, amore. Qualchevolta m'è successo, da ragazzo : via via che crescevo non m i è successo p i ù ; m'è accaduto l'opposto: che m'han piantato proprio quelli a cui volevo p i ù bene... O r a lo so, la vita è dispettosa : non bisogna avvilirsi, ma tirare avanti per la strada buona anche da soli. A l l o r a lo sapevo meno e m'avvilivo.
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