Pègaso - anno V - n. 6 - giugno 1933

6 7 4 B. Cicognani grandi penne nere e gialle, la bluse gialla, la sottana nera, g l i scar– p i n i l u s t r i con le fibbie d i b r i l l a n t a t o , i g u a n t i , i l ventaglio : una cosa da carnevale f u o r i d i stagione, grottesca, u m i l i a n t e e che s t r i n – geva al medesimo tempo i l cuore. — Cosa vuoi? ,"" — N o n m i riconosci? L a fisso : è la ragazza d i V i a dei G i u d e i . —• Cosa v u o i da me? — T i vergogni? Effettivamente io n o n p r o v a v o i n quel momento a l t r o che vergogna. A v r e i v o l u t o esser sotto terra. Quella dimestichezza i n mezzo alla strada affollata d i soldati, d i gente : gente f u o r i delle botteghe, alle finestre delle case come a q u e l l ' o r a , i n quel p u n t o . E l l a r i p e t è : — T i vergogni? — E ora nel t o n o della domanda c'era u n r i m p r o v e r o così accorato, u n lamento così amaro che m i r i c h i a m ò al pensiero la c a r i t à d i mia madre. Feci una mossa che voleva dire d i no e c o n t i n u a i a camminare. E lei a fianco. M a m i sentivo p i ù che mai i r r e t i t o nella vergogna. Le altre sere scendevo la Costa Scarpuccia, percorrevo i F o n – dacci d i San N i c c o l ò e p o i risalivo per l ' E r t a Canina f i n su, quasi al V i a l e dei C o l l i dove stavamo d i casa. Codesta sera proseguii per la Costa San G i o r g i o . P i ù che salivamo verso la porta, p i ù che ci a l l o n t a n a v a m o dalla caserma e meno la gente faceva caso d ' u n sergentino con ac– canto una donna d i quelle : oltre la p o r t a p o i , i n campagna, nella via d i San Leonardo era una cosa quasi naturale. C'era ancora i l sole. L a campagna era t u t t a u n p r o f u m o . V e – niva o g n i t a n t o la fragranza acuta della madreselva. L a ragazza n o n aveva p i ù aperto bocca : passata la p o r t a , s'era levata i l cap– pello e aveva preso u n aspetto diverso; camminava p i ù agile, con u n portamento p i ù l i b e r o . E anch'io m i liberavo d a l l ' i m b a r a z z o che fin allora m'aveva ingoffito a me stesso : posavo p i ù sicuramente l o sguardo sulla mia compagna : c'era i n lei un'allegrezza che la trasfigurava. V i a v i a , pareva che la sua persona andasse r i t r o v a n d o u n modello, una legge– rezza, una freschezza già avute e perdute. L a strada ammorzava, con la segreta potenza della sua quieta armonia, i c l a m o r i del g i a l l o e del nero sghignazzanti negli a b i t i d i l e i . Quei m u r i silenziosi, quelle fac– ciate d i v i l l e leggiadre che si colorivano al sole del t r a m o n t o , i l sacra– t o t r a n q u i l l o d a v a n t i alla chiesa, quei cancelli dai misteriosi arabeschi.

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