Pègaso - anno V - n. 5 - maggio 1933

Lettera al Podestà di Torino, sul Monumento al Duca d'Aosta 6 1 3 Emanuele primo, Vittorio Emanuele secondo e perfino Garibaldi. I pre– cedenti dunque non contano. M a questa è un'opinione, anzi un senti– mento personale; e anch'esso dunque non conta. N é offendo i futuri con– correnti se dico che anche l'opinione e il sentimento di ciascuno di loro non contano. Resterebbe la bellezza della statua; ma da un « bozzetto pla– stico i n gesso del complesso monumentale nella proporzione di un decimo dell'opera effettiva », nessun giudice se ne potrà fare un'idea sicura. E siamo al punto di prima : che i l committente, cioè qui il Comitato, ha sempre da dire all'artista, più chiaramente che p u ò , la propria v o l o n t à . Se tituba, si consigli con chi crede. M a al momento di scrivere i l bando, sia esplicito. T u t t i conoscono il suo senno e anche, signor Podestà, il suo animoso amore per T o r i n o . A lei dunque si p u ò parlare senza ambagi, e dire che questa modestia e abulia del committente è una delle cause della deca– denza dell'arte e dell'incertezza dei pubblici concorsi, anche se vengono, come questo, divisi prudentemente in due gradi. Ormai si sa che quattro su cinque concorsi sono soltanto una consultazione. Costano salato, e questo costerà, di soli premi, centoventimila lire. M a il peggio è che su– scitano tra gli artisti vane speranze e, nel pubblico, dubbi senza fine. Nelle età che si suol chiamare d'oro anche se d'oro ne avevano meno di noi, chi costruiva chiese o palazzi, chi scolpiva statue o bassirilievi, chi dipingeva quadri, affreschi o ritratti, doveva obbedire a ordini precisi del committente fin nelle forme d'un'allegoria, anche se i l committente era una corte, un comune, una confraternita; e di suo non metteva che l'arte, e qualche sommesso consiglio quando gli ordini gli parevano trop– po difficili o illogici. Adesso invece, libertà, libertà. Perfino pei due grup– pi che dovranno a destra e a sinistra della statua « fissare qualche carat– tere essenziale di quella mirabile azione di comando e di quella durissima guerra », loro non dicono quale simbolo di virtù o rievocazione di bat– taglie preferiscono. A n z i allegano al bando un elenco di quattordici bat– taglie e di centoventi azioni svolte tra il T i m a v o e i l Sabotino o sulla l i – nea del Piave : un elenco dato dallo stesso Ufficio storico dello Stato Maggiore. S i desidera, di due di queste azioni tanto minutamente indicate, un'evocazione reale? Hanno da essere gruppi (la parola è nell'articolo ottavo del bando) ovvero bassirilievi visto che « tale complesso dovrà avere sviluppo prevalentemente orizzontale » ? Come potrà i l concorrente scegliere tra tanti luoghi e battaglie i due fatti e i due luoghi più carat– teristici? Certo si rivolgerà, nell'urgenza di questi tre mesi, a storici della guerra. E allora chi meglio del Maresciallo Giardino o dell'Ufficio Sto– rico poteva nello stesso bando definire i due fatti e i due luoghi? A l l a fine, insomma, Io scultore, invece di risolvere soltanto i l problema d'arte che è il suo proprio, dovrà risolvere un problema di convenienza, se cioè la statua ha da essere o non ha da essere equestre, e un problema di storia. « Piena libertà all'artista », proclama i l bando. Sulla liber– tà dell'arte e dello stile, d'accordo; ma per gli altri due problemi,

RkJQdWJsaXNoZXIy