Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

La Regina Margherita 3 2 3 renti e su qualche mio scritto che conosceva; tutto ciò colla massima b o n t à . Quando si ritirò nei suoi appartamenti, potei notare quel suo inchino di saluto a tutto i l vasto circolo, che, come si sa, dava a ciascuno l'impressione d'esser salutato p a r t i – colarmente; u n dono che, come parimenti si sa, tra i S o v r a n i uomini appartenne i n modo singolare a L u i g i X I V . Q u e l giorno potei anche notare un'altra dote regale di lei : saper riconoscere prontamente le persone che avesse veduto anche una volta sola. Ricordo che parecchi anni dopo la mia presentazione, una tarda sera la Regina scese di carrozza nell'atrio del P a l a z z o Madama di T o r i n o per salire ad una conferenza dantesca. E r a – vamo a riceverla laggiù i l conte di Polonghera ed io. I l luogo era così male illuminato che a pochi passi non ci si riconosceva, ma ella, vedendomi andarle incontro mi disse a qualche d i – s t a n z a : « A h è l e i ! », col mio nome e cognome. Naturalmente, sapeva farsi istruir prima intorno alle persone che avrebbe i n – contrato, cosicché non le accadesse ciò che accadde a F e r d i n a n – do I i l bonus vir Imperatore d ' A u s t r i a . Q u a n d o c'erano udien– ze lo istruiva a tempo l'Imperatrice, M a r i a n n a di Savoia. O r a , un giorno nella lista degli aspettati egli vede i l nome del p r i n – cipe romano F i l i p p o Andrea D o r i a . L'Imperatrice gli spiega che è i l nipote dei due C a r d i n a l i rimasti famosi per la loro splendidezza. L'Imperatore risponde : « B e n e , bene: ne so abba– stanza ». N e l ricevere dunque i l principe gli dice: « M i dia no– tizie dei suoi due z i i C a r d i n a l i » . E l ' a l t r o : « M a e s t à , pur– troppo sono morti tutti e due da circa trent'anni ». M a per poco che la si fosse avvicinata, o si fosse avuto a fare con chi l'avvicinava era forza riconoscere i n lei ben p i ù che la studiosa di molte materie e la maestra nell'arte del ricevere e del trattenere. Mentre serviva mirabilmente la causa della Monarchia col suo sorriso, col suo favore ad ogni cosa benefica e bella, la d i g n i t à , i l tenersi al di fuori e al disopra delle a t t i v i t à e dei contrasti politici, la benevola equanimità verso tutti, e ciò che i francesi chiamano i l tatto, erano i n lei veramente sovrani. Spiccarono i n modo particolare nei tempi p i ù difficili, quando principessa ereditaria venne a R o m a dive– nuta appena capitale; quando la divisione tra la società bianca, quella che andava al Quirinale, e la società nera, quella che an– dava in Vaticano, era tanto profonda, che fra le due società si

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