Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

La Regina Margherita 3 2 1 dicare quasi impersonalmente la mia appartenenza al C o m i – tato. Così, nella lunga conversazione ella non alluse mai né alla mia persona, né alla mia famiglia, le quali sapevo non esserle del tutto ignote. M a a b b o n d ò in quella, per così dire, confi– denza amabile che potea mostrare verso i l mio limitatissimo ufficio. Precisamente allora mi p a r l ò di quel che altrove scrissi aver io riferito a P i o X . M i chiese : « Come spiega L e i che un uomo così retto ed elevato quale A n t o n i o F o g a z z a r o potesse favorire l'accoglimento del famoso quadro Supremo Convegno alla Mostra di V e n e z i a del 1 8 9 5 ? Quel quadro io lo guardai per un momento solo. M i parve i l p i ù sconcio che vedessi mai, e gli voltai ostentatamente le spalle ». . R i s p o s i che i l F o g a z z a r o , per un arzigogolo da letterato aveva creduto di trovar nel quadro un efficace ammonimento morale, ma le raccontai che nel 1 8 9 8 visitando egli con me un'e– sposizione torinese, l'autore d'un nudo procace gli si era fatto presentare per dirgli : « Debbo ringraziarla, a nome di tutti gli artisti, del suo antico voto di Venezia perché fu una difesa della libertà dell'arte ». Senonché i l F o g a z z a r o gli rispose duramen– te : « Quel voto lo detti perché vidi nel quadro una m o r a l i t à , e lo darei di nuovo. M a se avessi saputo che E l l a ne avrebbe profittato per esporre i l quadro suo, dove c'è licenza senza a l – cuna moralità, mi sarei ben guardato dal darlo ». S i p u ò i m – maginare come queste parole, dette in presenza di molti, lascia– rono quel pittore. P r i m a del 1 9 0 2 non avevo mai avuto l'onore d'incontrar– mi colla Regina, ma, naturalmente, l'avevo vista parecchie volte. E r o presente nella sala della Palombella a R o m a quando Giosuè Carducci v i commentò i l Consalvo di Leopardi e per la prima volta recitò la propria lirica ancora inedita su Jaufré Rudel. A l l ' u s c i t a la Regina, dopo averlo complimentato prese i l suo braccio per discendere le scale. Io, che l i seguivo a pochi passi di distanza, vedevo con che lieta vivacità i due parlassero tra loro. M a anche vedevo che infelice accompagnatore di dame fosse i l poeta, non pratico di mondo com'era. N o n gli riusciva mai di trovarsi sullo stesso gradino ov'ella posava i l piede. U n momento stava p i ù giù, un momento p i ù su, i n modo che l'alta coppia pareva andar barcollando. E p p u r e , mentre la compagnia di L e i era, come p u ò i m – maginarsi, desideratissima, la v i d i una volta venir di proposito sfuggita. S i era nel febbraio 1 8 9 1 , nella gran sala del Collegio 2 1 . — Pègaso.

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