Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933

2 7 6 G . Stuparich Accese u n ' a l t r a sigaretta. Spiegando i l giornale, ebbe la sensazione che i l fanciullo si sarebbe messo a piangere; e sic– come ciò lo infastidiva, già si preparava a regalargli dei soldi per quietarlo. I l fanciullo difatti si mise a piangere, ma d'un pianto diverso da quello aspettato. T r a le lagrime che gli scen– devano abbondantissime, come se fossero state trattenute da c h i sa quanto tempo, si lamentava di forti dolori a u n dente. I l padre rimase sconcertato : che cosa avrebbe fatto con quel f a n – c i u l l o infermo? E g l i si sentiva disarmato di fronte alle m a l a t – tie. I l suo primo pensiero fu di andarsene e d'abbandonarlo. P o i , vincendo con grande sforzo i l suo istinto, cercò tutti i pos– sibili rimedi per i l m a l di denti, ma nessun altro gli venne alla mente se non i l tè di camomilla. A l l o r a a n d ò al focolare per r a v v i v a r v i i l fuoco e, non vedendoci, ritornò nel m e z z o della cucina ad alzare la calza della lampada, e poi, preso u n pento– lino e riempitolo d'acqua, lo pose s u l fuoco. I l fanciullo i n – tanto s'era messo a singhiozzare forte e a stridere. — Basta, smorfioso! — gridò i l padre, gettando lontano da sé il mozzicone della sigaretta. E g l i aveva racchiuso i n quel– le due parole tutto i l suo rancore e la sua irritazione. L a cucina grande, i n cui i pochi mobili si perdevano, apparve p i ù s q u a l – lida : nel mezzo, pendente dall'alto soffitto, la lampada a pe– trolio filava e i l vetro s'anneriva da una parte. I l padre t o r n ò verso i l m e z z o ; si levò sulle punte dei piedi e, appoggiato u n pugno sulla tavola, con l'altro braccio teso riabbassò la calza. N o n visto, i l figlio a l z ò gli occhi s u l corpo del padre. C o m ' e r a alto e bello quell'uomo! L a testa, u n poco piegata all'indietro, era i l l u m i n a t a vivamente dalla lampada; così di profilo i l v i s o appariva i n tutta la sua plastica energia e solo i l baffo biondo aureolato dalla luce metteva una nota morbida, una dolcezza diffusa i n mezzo a quei tratti forti e decisi. I l martellio nella mascella, che di tanto i n tanto gli d a v a , su per l'occhio, delle trafitture nel cervello, era cessato. R a n – nicchiato sulla seggiola, s'asciugò col dorso della mano le l a – grime. T r e m a v a ancora. I l padre gli si a v v i c i n ò . « T i è passato? », d o m a n d ò con molta tenerezza. T u t t o i l rancore e l'irritazione di p r i m a erano svaniti. Q u e l fanciullo tremante, pallido, con gli occhi arros– sati, gli faceva ora pietà; mostrava meno a n n i di quelli che aveva. R i t o r n a n d o verso i l focolare di pietra, su cui, i n m e z z o alla brace, b o l l i v a ormai i l pentolino per i l tè, i l padre si chie-

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