Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933
già Sergio S o l m i , è una lirica, quella del Grande, che ha a suo presup– posto la biografia del poeta, e questa sola : una forma superiore di auto– biografia; è dunque costretta a lenti s v i l u p p i . P o c h i erano i temi della Tomba verde, e disegnati quasi schemati– camente : l'aspirazione del poeta ad un mondo suo (vedi : Clausura) e, i n antitesi diretta, la dispersione fatale e i l disgregarsi di questo mondo. O r a quei temi sono ripresi i n Nuvole sul greto e p i ù precisati e appro– fonditi. U n a maggiore compostezza nel soffrire; una commozione p i ù adeguata alla natura di quella sofferenza; una l u c i d i t à p i ù cristallina nella visione di sé e del mondo esterno : erano queste le q u a l i t à p r i n c i – p a l i , gli sviluppi, che si potevano chiedere all'autore della Tomba verde. E i n questo senso A d r i a n o Grande ha indubbiamente progredito. N e l l a sua parte essenziale, questa nuova poesia di A d r i a n o G r a n d e si potrebbe definire l'allegoria del naufrago: nella v i t a , i l poeta si vede, infatti, come un naufrago i n balta dei marosi. O g n i onda che avanza gli rende p i ù prossimo i l momento dell'estremo n a u f r a g i o : .... come quei che in mare sente scemar la lena pavento l'improvvisa onda che uccide. • Pure, dimenticato i l suo destino, i l poeta s'abbandona alla contem– plazione di quel flutto, che fatalmente lo sommergerà. E allora sorgono i ricordi, si riaffacciano i sogni e la solitudine si affolla di i m m a g i n i : i l tempo passato, la giovinezza, l'amore. M a tale è i l distacco da queste cose, che esse sembrano appartenere ad un'altra v i t a , ormai remota, e la loro musica è « l'eco di clangori immensi — da me vibrati i n m o n d i — sepolti ». - T u t t a v i a p i ù che questa sensazione del naufragio, d o m i n a n t i i n due terzi del libro, è forse i n Nuvole sul greto poeticamente concretato quell'immaginare che sopra v i fiorisce, e ne rappresenta le frequenti eva– sioni. Mentre la certezza di un limitato destino rende arida la vena del poeta, e la muta i n un pessimismo pratico, che si esprime per sentenze ( « v i v e r e è t r i s t e » ; « a m a r a acqua è la v i t a » ecc.), o per reazioni po– lemiche ( « I o non ho colpa — dell'altrui male; — pure ho rimorso — ; d i non poterlo calmare » ) , l'affiorare spontaneo di un m o n d o esaurito, ma vissuto, o semplicemente presentito, attutisce i l timbro secco della poesia del Grande, e le conferisce possibilità di evadere dalla sua sug– gestione monotematica. A l l o r a , fuor d i metafora, tutto quel mare, che è nella sua poesia, i l Grande lo vede nella reale distesa, ed è i l suo mare di L i g u r i a , nel quale vorrebbe riposare per sempre: Ora vorrei che fosse la mia tomba quella del mare, solenne : nel rombo delle tempeste s'odono gridare presso gli scogli i monti e le foreste, e in cui ritrova, di volta i n volta, la sua voce di poeta : A l lento risciacquio dell'acqua sulla rena trovo una voce antica per questa nuova pena.
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