Pègaso - anno V - n. 3 - marzo 1933
Ancora le colonne e gli archi 3 6 1 D e l resto, credo che questa capacità di dominar la materia sia d i tutti i veri architetti, anche non italiani; e basta pensare ai gotici di F r a n c i a e di ' Germania. C o n lo stesso travertino, dagli antichi fino a tutto l'ottocento, quante diverse architetture si sono vedute a R o m a ? C o n la stessa pietra serena, dal Brunellesco al Poggi, quante architetture si sono vedute a F i – renze? C o n la stessa pietra d'Istria, dal palazzo Ducale al P a l a z z o P e – saro, quante architetture sono sorte a Venezia? C o i mattoni, quante cen– tinaia di diversissimi edifici sono sorti i n L o m b a r d i a ? E col ferro, dalla torre Eiffel alla tettoia della stazione di M i l a n o ? L o stile è imposto dalla materia? Lascia che queste eresie le dica qualche giovane ingegnere,'di quelli che con una certa ragione oggi vengono dichiarando i n u t i l i voi ar– chitetti rinunciatari. L a verità è proprio l'opposto. Che è di fatti questa obbedienza al cemento e questo « sentimento del cemento », se poi v i affrettate tutti a nasconderlo? L a sincerità, la n u – d i t à , la verità, la semplicità; tante virtù, tatatatà, che a noi poveri pec– catori dovrebbero far l'effetto d'una mitragliatrice i n azione. M a noi si v a a vedere coi nostri occhi, da vicino; e non un'unghia di cemento tro– v i a m o scoperta. B e l sentimento, non fo per dire, e bella sincerità da v a n – tare al confronto degli antichi e al confronto dei vecchi. So che quando vado a toccare il palazzo già della Regina i n via Veneto o i l palazzo della Banca d'Italia i n via Nazionale, quello che è mattone, è mattone, e quello che è travertino è travertino, povero K o c h , miserabile ottocentesco. M a se vado a toccare i l tuo palazzo delle Poste a Brescia, so che tutta l'ottima struttura è i n cemento, e sarebbe stato stolto farla d'altra materia; ma i l paramento, cioè la pelle, è di botticino e di ceppo. C h i guarda, prende quei grandi architravi e quei grandi pilastri per pieni blocchi di pietra, un pa– rallelepipedo sull'altro; ma gli uomini del mestiere sanno invece che tu hai dovuto appendere con zanche ed incastri a quei magni architravi di cemento armato i l tuo paramento di pietra, e così farai nei nuovi edifici dell'Università di R o m a . Sincerità? L a pietra sembra sostenere, e invece è sostenuta. Semplicità? Verità? Sì, la stessa dei tanti m o b i l i moderni mo– dernissimi, lisci come la palma della mano, nudi come la verità ch'esce dal p o z z o ; ma quello che vedi, non è che impiallacciatura d'un millimetro e anche meno. L a vostra verità sarebbe dunque una bugia nascosta meglio che si p u ò . E nella bugia di questo paramento proprio tu vai a porre l'ita– l i a n i t à dell'architettura nella tua Università? N o n m i ribello, che i l fatto pratico ed economico è p i ù importante del fatto artistico. Soltanto lascia in pace tutte quelle spartane v i r t ù , e accetta questa sola verità : che l'architetto p u ò fare col cemento quello che vuole, anche le colonne. C h e cosa sono i pilastri così detti a fungo che s'impiegano sotto solai senza travi sporgenti? I l loro fusto p u ò essere cilindrico od ottagono, e i l loro capitello a piramide o a cono rovescio. T u hai sulla tua tavola i l Beton ah Gastalter di Vischer e Hilberseimer. G u a r d a da pagina 6 1 a pagina 6 4 . E se vuoi vedere volte e cupole, guar– da alle pagine 5 6 , 5 7 - 5 9 - 6 0 , 7 6 , 8 9 , 9 4 , 9 5 . U n lettore tedesco vuole
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