Pègaso - anno V - n. 2 - febbraio 1933
bile discutere. Quando essi affermano cheritoccarei program– mi significherebbe danneggiare gli editori, dicono certo una cosa giusta. Ma i casi sono tre: o i programmi sono buoni, o i programmi buoni non sono, o lo sono soltanto in parte. Nel caso che buoni non siano, o lo siano solo in parte, non capisco perché per non fare il danno degli editori si debba fare il danno della Scuola. Sirisponde:lasciamo che i programmi li riduca da sé, di suo arbitrio, l'insegnante. Ma chi risponde così, di– mentica che gli insegnanti cercano, bene o male, di svolgere per intero i programmi, nel timore che le Commissioni di maturità deplorino, come spesso accade, possibili lacune; né s'accorge che l'argomento è tale che potrebbe essere adoperato anche da chi volesse domandarsi le ragioni per cui sono stati riformati gli antichi programmi. Lo spirito della Riforma non è soltan– to o soprattutto nei programmi, ma ha ben altro e più vitale fondamento; resta vero però che i programmi debbono essere precisi, concreti e non Campati in aria, nell'interesse dei pro– fessori e degli studenti, delle famiglie e degli editori. Un altro punto : la Scuola privata. Dicemmo che le scuole private debbono essere controllate dallo Stato, e che l'Esame di Stato mette quelle scuole sulla stessa linea delle governative. Ossia in una condizione di vero privilegio, perché le governa– tive sono continuamente controllate dallo Stato, ma le private no; perché in quelle insegnano professori scelti in pubblici con– corsi, ed in queste ultime, invece, spesso insegnano uomini di scarsa preparazione e quasi sempre mal pagati; e infine perché i giovani provenienti dalle scuole governative hanno frequen– tato per otto anni regolari corsi di studio e quelli provenienti dalle private no. Che dicono le statistiche? Che a tutt'oggi i candidati provenienti da scuole governative sono promossi in ragione dell'ottanta per cento, mentre quelli provenienti dalle private sono promossi in ragione del cinquanta per cento. Si è risposto che i cattivi risultati ridondano col tempo a danno del– le scuole private, ma chi ha scritto così ha ragionato come se credesse ancora che lo Stato debba soltanto registrare i risul– tati e non volesse accorgersi ch'esso è da dieci anni a questa parte « un fatto spirituale e morale ». Egli ignora probabilmente che nel cap. 1 2 , del R. D. 6 marzo 1 9 2 3 n. 1 0 5 4 e nel tit. 1 del Reg. 6 giugno 1 9 2 5 , n. 1 0 8 4 , lo Stato italiano fortunata– mente si riconosce in proposito diritti che noi vorremmo cen-
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