Pègaso - anno V - n. 2 - febbraio 1933

i 7 6 C . Linati Eden selvaggio e senza D i o non sa che sia una delle p i ù inten– se v o l u t t à della v i t a . L à , sulla d i v i n a spiaggia, t u t t o era i n – tensamente poetico, che a noi stessi pareva d i vivere i n u n i d i l – l i o , i n una grande estasi d i cose. E poetici ci sembravano p u – re quei due giovanissimi sposini, i soli a b i t a t o r i della spiag– gia, che all'ombra della loro cabina d i tela facevano una quan– t i t à d i moine ad u n l o r o bambinello che si tenevano i n mezzo a loro. M a a quando a quando uscivano f u o r i e si mettevano a correre sul sabbione verso i l mare. L à , sul l i d o , al sole, semi– nudi, l o n t a n i dal loro bambino, essi ridiventavano g l i amanti d i una volta e n u l l a era p i ù incantevole che assistere ai giochi e scherzi che le l o r o giovani membra sapevano inventare, ai loro daddoli innocenti, ai l o r o baci, alle l o r o contradanze sul sabbione : finché stanchi ritornavano correndo alla l o r o capan- nuccia d i tela, a baciarsi e ribaciarsi i l l o r o bambino. M i parve comprendere allora d i che natura sia quest'amo– re francese. È u n amore che vorrebbe mantenersi tale anche nel matrimonio, che l o t t a d'innocenza e d i freschezza contro la mediocrità della v i t a , che si oppone al suo fatale decadere sforzando d i serbarsi gaio e spontaneo come ai suoi p r i m i gior– n i . È un amore lieve, mussante come un v i n o d i cui non si v o r – rebbe perdere né i l profumo né i l frizzante. Debbo dire che avendo io viaggiato m o l t o per la p r o v i n – cia francese, la famosa corrutela che si imputa a questa nazio– ne m i è parsa u n poco una favola. Per tutte le Provincie dove passammo non abbiamo visto che una gente dedita fin t r o p p o tediosamente alle gioie della famiglia. Insomma m i ha fatto l'effetto la Francia provinciale d i una nazione m o l t o borghe– se, u n po' logora, se si vuole, a furia d i esistere sempre tale e quale e d i non sapersi mutare pel terrore d i perdere i l benesse– re accumulato i n t a n t i anni d i famigliare lavoro. M a non ebbi mai se non a Parigi i l senso d i una nazione corrotta. A n z i vorrei aggiungere che le v i r t ù estremamente bor– ghesi e casarecce del francese provinciale furono parecchie v o l – te per darmi sui nervi. N o n so. Nessuno è p i ù cortese d i l u i nel t r a t t o o nel discorso, eppure i n nessuna parte del mondo io m i sento così escluso da quella ch'è la p e r s o n a l i t à i n t i m a del m i o prossimo, così separato dal suo vero contatto spirituale come i n Francia. Ciascuno là sta sbarrato nel p r o p r i o essere v i v o , murato nel p r o p r i o interesse o nel p r o p r i o mondo morale co– me i n u n campo trincerato nel quale non riusciresti a penetra-

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