Pègaso - anno V - n. 2 - febbraio 1933

1 4 2 S. Benco tenze, alle forzate s i m i l i t u d i n i , i n t r o d o t t e per lo p i ù a scopo patriottico, g l i si assente soltanto pensando alle circostanze i n cui scrisse e allo scopo che si prefiggeva. D i natura, i l P i t t e r i sarebbe stato un poeta neoclassico della campagna, m o l t o at– tento e, nella propria o g g e t t i v i t à , innamorato; l ' a n i m o suo politico, solidale con quello dei concittadini, g l i impose farsi i l ' p o e t a d e l l ' i t a l i a n i t à rivendicata, l'araldo e combattente del– l'irredentismo. N o n fu quello i l tono suo naturale, se non i n quanto fu sincero come tono d i cittadino, e quasi oserei dire d i gentiluomo verso la Patria. È noto i l sacrificio grande che i l P i t t e r i fece d i sé alla causa italiana, addossandosi per quindici anni la presidenza della Lega Nazionale, ossia l'impegno d i curare la gestione e 10 spirito d i parecchie diecine d i scuole disseminate i n cinque Provincie. L a figura del patriota ne resta i l l u m i n a t a per sempre. M a anche la figura del poeta, quando bene sia stato ammesso che i l suo p i ù elegante classicismo fosse quello del georgico e del paesista, ha da questa v i r t ù civile u n risalto d i sincerità quando egli si fa ad evocare le v i r t ù degli a v i e la storia. I l procedimento è carducciano : Sistiliano del P i t t e r i , d o v ' è nar– rata i n sonetti la rotta degli I s t r i e l'avanzata d i Roma, non sarebbe senza i l Qa ira; e g l i sciolti del Placito del Risano, av– venimento dell'età carolingia, non sarebbero senza la Canzone di Legnano. Pure è giusto si dica che la rappresentazione sto– rica s'attagliava bene a quest'uomo, che mai mise se stesso nella poesia, mai « fece versi » per parlare della propria v i t a . C i ò l o distingue dal Besenghi e anche dal Revere, con cui ebbe pure qualche contatto d'artista. A l P i t t e r i piacque poetare anche i n dialetto veneto; v i si sentono p e r ò troppo la maniera e l o studio. D a i tempi qua– rantotteschi i n p o i s'era diffusa anche tra i letterati triestini la moda del poetare i n dialetto (cosa ben diversa dalla tradizione, quasi d i lingua autonoma, della poesia dialettale nel vicino F r i u l i ) . Dapprima i m i g l i o r i furono venezianeggianti, e tra questi emerse G i g l i o Padovan, coltissimo uomo, con quel tanto d i filosofico e d i lunatico che aggiungeva colorito alla causti– cità del satirico, i l quale s'era preso a modello evidentemente 11 veneziano B u r a t t i tanto caro a Stendhal. P i ù t a r d i fu p u n t o d'onore l'usare dialetto triestino non rispecchiato i n laguna, e G i u l i o Piazza ebbe i l vanto d i dare u n accento d i t r i e s t i n i t à corriva a beffe, facezie e prese i n giro delle a u t o r i t à austriache,

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