Pègaso - anno V - n. 2 - febbraio 1933
S. Benco e si rassegnò alla toga del magistrato; dentro d i sé corrucciato libero spirito, con una spina d i m o r d a c i t à e d i sarcasmo. U d i – nesi i suoi amori, non volgari, e n'ebbe p i ù sconforti che gioie. * L o s t i m o l ò a polemiche la v i t a letteraria provinciale, a satire i l materialismo mercantile d i Trieste, ad accenti v i r i l i , d i alfie- riano e foscoliano dolore, i l pessimismo che g l i faceva vedere, nel fondo delle cose, la notte e l ' o m b r a . I l Leopardi dovette dive– nire i l suo poeta quando già, nella lirica meditativa, s'era for– mato sul P a r i n i e sul Foscolo. Amareggiato g l i u l t i m i anni dai m a l i fisici e dalle delusioni dell'anima, m o r ì a Trieste, poco p i ù che cinquantenne, nell'epidemia d i colera del 1 8 4 9 . V i t a , i n t u t t o , da romantico della prima m e t à d e l l ' O t t o – cento. Grande merito negli studii recenti sul Besenghi hanno i due letterati g i u l i a n i Giovanni Quarantotto e Carlo C u r t o ; i l p r i m o come biografo e rivelatore dell'uomo i n suoi s c r i t t i sconosciuti; i l secondo per aver messo i n luce i l dichiarato e fondamentale romanticismo del poeta, nonostante la classicità esteriore delle sue prose e dei suoi versi. Che i l prosatore va– lesse nel Besenghi quanto i l poeta, e forse p i ù , f u pure i l C u r t o a mostrare con grande sicurezza. F i n o agli u l t i m i anni, al p r o – satore si badava poco. M a i n verità, quelli che sono i pregi, della poesia del Besenghi, sono pregi p i u t t o s t o da scrittore d i prosa : la profonda conoscenza della lingua, maneggiata da si– curo signore con agiate eleganze, e l o sviluppo dei concetti grave e robusto. Per fare stima p i ù alta del poeta (a cui pure nessuno negherà n o b i l t à ) , converrebbe dimenticare l'esistenza del Petrarca, del P a r i n i , del Foscolo, del Leopardi, e n o n accor– gersi delle i m i t a z i o n i , t a l v o l t a così pedisseque da rasentare la citazione. L'appoggiarsi ad a l t r i era certo nel costume del tem– p o : ma è così insito nella natura del Besenghi da v e n i r g l i r i – cantato all'orécchio perfino i l M a n z o n i , poeta che non è dei suoi f o r m a t i v i ( « Muore, e u n compianto, u n s ù b i t o — L u n – go s'alza lamento. » ) . T u t t a v i a i l Tommaseo disse d i l u i : « A l p r i m o cominciare ci senti l ' u o m o e l o riconosci»; e doveva avere i n mente p r o p r i o l ' u o m o , intonato con se stesso per la nobile scelta dei modelli, meglio che per o r i g i n a l i t à . G l i Apologhi del Besenghi, a leggerli oggi, sono cose prolisse e stucchevoli. Nelle Satire, tra molte oziosaggini, egli ha pure qualche t r a t t o vivace, come quando si dipinge, orso, con rabbiosa esagerazione, d i r i m p e t t o alla Trieste festa– iola è civettuola dei suoi tempi. E g l i è allora i l burbero istriano,
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