Pègaso - anno V - n. 1 - gennaio 1933

Ricordo di Augusto Murri 105 naie, i o corro alla siringa d i Pravaz anche se n o n h o capito n u l l a del male suo : m i sento a n z i felice d i aver p o t u t o d a r g l i sollievo f r a t e r n o e, n o n p i ù angosciato d a l l o spasimo suo, allora l o i n t e r r o g o con p i ù co– raggio, l o investigo con p i ù calma, e l o considero con p i ù serena m e d i – tazione ». L a medicina g l i piaceva specialmente per questa « santa facoltà d i abolire i l dolore, che pareva u n tempo p r i v i l e g i o degli D e i ». N e i me– d i c i che andavano a finire i n l u o g h i r e m o t i e alpestri, dove n o n si può nemmeno avere i l c o n f o r t o della g r a t i t u d i n e , « pianta delicata che n o n giunge a fioritura se n o n i n a n i m i g e n t i l i » e pare che perfino « l ' o r i z – zonte debba rimanere eternamente chiuso ad o g n i raggio d i luce i n t e l – lettuale e morale » , egli vedeva dei veri missionari : e l o prendeva subito l 'entusiasmo. È una grande coscienza morale e religiosa nel senso d i A m e n d o l a : a l l u d o a La volontà e il bene e ai saggi d i Etica e biografia e i n m o d o particolare a quello sulla logica della v i t a religiosa. Anche per M u r r i , i l bene è la v o l o n t à stessa, è una l o t t a che n o n ha m a i fine c o n t r o l ' i g n o r a n z a , l'errore, l ' a b i t u d i n e , la morte. Fermarsi, desistere sarebbe u n t r a d i m e n t o . M a perché si deve fare i l bene? A u g u s t o M u r r i n o n si pose m a i questa domanda e forse n o n avrebbe p o t u t o darle una r i – sposta esauriente. G l i sarebbe occorsa, per questo, una filosofia che g l i mancava. E g l i si diceva agnostico, cioè né teista né ateo, perché non riusciva a comprendere né la materia eterna né u n quid eterno che l'abbia creata dal n u l l a , ma la verità è che la sua fede i n c r o l l a b i l e , che è i l centro, la luce della sua personalità, n o n deriva da una filosofia e p o – trebbe sembrare a u n o s p i r i t o religioso come qualcosa d i trascendente, come u n effetto della grazia, i n q u a n t o che rimane sempre per M u r r i razionalmente incoordinabile col resto della sua personalità. M u r r i agiva perché sospinto da u n demone a cui era necessario e dolce u b b i d i r e con dedizione assoluta. A u g u s t o M u r r i n o n era come si disse, u n seguace della dea Ragione. E g l i n o n aveva le angustie e le intolleranze d i certi i l l u m i n i s t i . A c – cennò una v o l t a alla verità, unica Dea, ma alludeva alla medicina, che era per l u i la p i ù sociale e la p i ù umana d i t u t t e le a r t i . D e l suo agno– sticismo egli n o n si v a n t ò m a i , a n z i riconosceva che la fede i n D i o è « una f o r t u n a i n d i v i d u a l e , come la facoltà d i volare n e l l ' a q u i l o t t o d i De Musset ». Anche della v i t a f u t u r a ammise i n u n certo senso l'esigenza, i n u n m o m e n t o i n cui p i ù l o tormentava l ' i n f e l i c i t à della v i t a . I n una lettera del 1 9 2 2 , dopo aver ricordato la sua grande amicizia per M o n s i – gnor B o n o m e l l i , e per i l canonico Sgarzi : « I l c u l t o d i u n ' o p i n i o n e , — diceva, — anche se n o n è la m i a , anche se m i sembra errata e dannosa, m i impone ossequio, m i ispira fervida simpatia se professata con a n i m o ingenuo e profondamente devoto ». Nella stessa lettera dopo aver ricor– dato C r i s t o che insegnò ad amare i p r o p r i i nemici e ardeva d i zelo per i l l u m i n a r e le p l e b i , concludeva : « L'amore degli u o m i n i diventa sublime solo quando perviene ad accendere una fiamma irresistibile d i opere a l -

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