Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932

Pagliari .Augusto, mio amico 681 Stasera ha gli occhi supplichevoli d'un cane. Mi chiede: - Vor– rebbe camminare con me fino al Gostiny Dvor? - Per la strada ·parliamo. a lungo. - Il rischio è mio, - dice: - Sono io che corro il rischio de1 carcere e quello più sicuro di' essere ammaz– zato all'angolo d'una strada. Ivan invece riinane nell'ombra e incassa il guadlagno. Non si fidi di Ivan. Gioconda è una brava ragazza,, una 'bella ragazza. Lei non può immagina re cosa vedo -ogni sera. Non l'immaginavo neanch'io che pure l.to lav orato a Nizza e a, Deauville. Ci sono donne belle come angeli e.be si strap– pano gli orecchini e li buttano in mezzo alla tavola e singhioz– ..zano. Nessuno resiste tre giorni. Naturalmente ci ,<sono 'i bari: _gente autorizzata e sicura. L'altra sera successe un putiferio, ma qnalcuno fece il nome di Zéckin e il gioco riprese in silenzio. Era una partita, di cond'annati. Eppure gioco anch'io che so, e perdo. Mi misi a giocare per pietà d'una disgraziata. Quando il locale -si chiude, se ti guardi attorno non vedi che occhi di allucinati e di JPazzi. Fanno paura. Ti si aggrappano al collo, alle spalle, ti ributtano sulla sedia. Per cacciarli via dobbiamo spegner la luce. ·Chiuse le JPOrte, rimangono fuori aimmassati, smarriti, coi denti -che battono: hanno dimenticato la strada di casa, s'avviano in– sieme signori e straccioni verso il fiume, con le pelliccie aperte al -vento. Pagliari deve essere arrivato, perché mi consiglia di tornare in– dietro: - Sa, non son posti per lei. - Poiché ·sente la, mia ripu– :gnanza, la sua voce diviene i nfantil e, s'accompagna di gesti infan– tili. Io m'irrigidisco. Allora e.on tono perentorio, come chiedesse il pagamento d'un debito mi domanda in prestito, sùbito, quat– tromila rnbli. Mi rimase add'osso per più giorni un'impressione di sudicio, di ·sud'ore raggelato. E insieme la curiosità di mescolarmi anch'io alla torma dei giocatori quando all'alba s'avviano verso il fiume, ~on le JPelliccie aperte al vento. Mi pareva di sprofondare, di perdermi. Un giorno avrei forse cercato l'amicizia di Ivan e una di quelle donne d'i cui s'era in– namorato Pa.gliari. Eppure stavo bene. Dormivo, il sangue mi s'arricchiva ogni giorno. Cercavo con gioia donne che si piegavano all'amore per inganna:r:e la fame, e non sentivo rimorso. Quella che m'aspettava ancora, trepida, mi parev:_atroppo bella IPer me. Mangiavo avid'o, esigente, chiuso in un silenzio caparbio. Luisa mi chiedeva se la mia salute non fosse cambiata: - Questa umi– dità- di Pietrogrado corrode i polmoni come una lima. I van empi va la casa. Se pranzava con noi, le sue mani erano do– vunque e la sua voce forte sbatteva contro i bicchieri. La barba BibliotecaGino Bianco

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