Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932
678 *** - Ancora un po' di vino, - diceva : - Le farà bene. Sa perché– a Pietrogrado c'è tanta tubercolosi ? Perché i poveri bevono il tè. Non volevo non d'ovevo tornar più da Pagliari: mà la fame mi spinse ancora su per la scaletta sudicia. ]J'inii per andarci ogni giorno, volli contribuire alle spese e divenni uno di casa. Se ero, con amici, al tocco li lasciavo con un pretesto; ![)rima d'avviarmi mi guardavo intorno sospettoso. La fame mi rendeva egoista e– un po' vile. M'indugiavo adesso a lungo nell'appartamento d,i Pagliari. Co– noscevo le stanze, i mobili, i ritrattini dei parenti ·sul pianoforte. La stanza lunga e stretta continuava in un corridoio che mi la– sciava passare appena. Davano sul corddoio la cucina e la ca– mera da letto. In fondo c'era l'ultima stanza. Più grand'e ma divisa. a mezz'aria da un'impalcatura di legno dalla quale pend'eva una piccola scala. L'a1pparta.mento era minuscolo, ma nella, luce sudicia pareva grande e intricato come un la,birinto. I pasti erano sempre abbondanti e dopo si rid'eva grosso senza perché. Non osavo chiedere a, Paglia,ri dove mai riuscisse a trovare– il lardo e la carne. Discutevo con lui di quel che avremmo mangiato all'indomani, dosavo con lui i condimenti e lo esortavo aJ.l'eco– nomia. La mattina Pagliari ha sempre gli occhi gonfi e cerchiati. Poi 1 mangiando, il suo viso lentamente si spiana, ringiovanisce. Oggi. ha incrociato le braccia sulla tavola e s'è addormentato. Luisa ha smesso di parlare, ci guardiamo negli occhi. Il vento fa suonare un vetro incollato ma.Ie. Nella stanza di fondo la scala di legno scricchiola, poi suona un passo e Luisa di-– venta rossa e mi prende una mano. La sua mano è aspra come un arnese. Il !Passo suona ancora, va e viene, s'arresta in un angolo. Ho gli occhi fissi sui capelli lucidi di Pagliari. Ma non ved'o che quella stanza di fondo divisa in due a mezz'aria, con la scaletta che pende. Da tanto la scaletta non scricchiola più. Pagliari sorride sem-– pre e scherza: - Tutto va bene, ma faccio una vita d'inferno. Quella sera volli avvertirlo che la partenza era forse imminente. Erano le otto, e mi sperdevo a seguire i fanali; misi un'ora a ri– trovare il vicolo e la casa. Giù per le scale s'incanalava un affanno di gente malata. Al terzo ripiano una donna mi si parò d'inanzi : enorme e slabbrata contro il fondo luminoso della porta. Mi urlò : - Lei è il medico ? Trovai Luisa sola, in una vestaglia azzurra che ad ogni movi- BibliotecaGino Bianco
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