Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932
<< La Domenica del Fracassa » 669 credo vero, specialmente inteso della scuola napoletana, e specialmente del De Santis, il quale credeva sul serio di far un onore a Dante e al Petrarca e di ringiovanire e far più belle, lui, le loro posizioni. Quella gente, avendo la frega dell'arte, ed essendo per sé eunuchi, sfogano le loro libidini, il peggio che possono, sui grandi autori. Io credo solo vera la critica storica, non a uso Bartoli, ed utile la critica tecnica fatta da chi sa l'arte. E in una lettera successiva: L'articolo su la critica ha anche un pregio che scordai notare, è scritto molto bene. Questo secondo è persuasivo e giustamente ironico. Del resto, tali autori, tali critici. Tutte chiacchiere, mostre, esagera– zioni, falsità. Manda al diavolo questa letteratura dell'oggi che mo– stra quanto l'Italia è lontana da ogni intelligenza dell'arte, quanto è inferiore alle tradizioni sue e al concetto dell'avvenire, quanto questa generazione è grossolana, ineducata, goffa, cupida, codarda, cinica, schiaffeggiabile, se meritasse insudiciarsi le mani. S'abbiano De Pretis e Chauvet, è quello che meritano. O idealisti e realisti, tutti indegni del nome d'Italia e dell'arte. Certo oggi più di allora è facile accorgersi quanto fosse para– dossale e talora male impostata la polemica che allora si mosse contro la critica. Oltre a questa polemica, il Chiarini ne condusse un'altra intorno alla scuola, della quale aveva certamente larga esperienza e per la quale sentiva grandissimo amore. In essa, in sostanza, contro co– loro che ~peravano di sollevare il tono dell'insegnamento (tutti erano concordi nell'ammettere che il tono fosse basso) con riforme, leggi e regolamenti ministeriali, sosteneva che la scuola è fatta di uomini e che son essi, più assai che le leggi, che la fan buona o cat– tiva. Unico mezzo, dunque, secondo lui, una severa selezione del corpo insegnante alla quale doveva corrispondere anche una mag– giore severità verso gli alunni in modo da eliminare quanti per gli studi non erano tagliati. Altra 1polemica, che fece un certo scalpore, fu quella condotta da Enrico Nencioni contro Camillo Antona-Traversi a proposito della prefazione di questi a un volume su la critica letteraria in Italia di Vittorio Peri. Ma fra tutte le polemiche, la più memorabile resta quella intorno al Manzoni e ai manzoniani tra il Carducci, lo Zum– bini e il Borgognoni. E la polemica è veramente così nota che sarebbe qui inutile farne sia pure un brevissimo cenno. &l il Carducci fu aggressivo, i man– zoniani, certo, tra cui lo Zumbini, si difesero energicamente tanto che il Borgognoni scriveva al Chiarii:ii: Quello che mi urta in questi signori manzoniani è la prepotenza. Perché, Ella lo vede bene, nonostante il loro tono mellifluo (in quelli che l'hanno) sono prepotenti per benino. BibliotecaGino Bianco
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