Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932
« La Domenica del Fracassa » 667 tempo che fu)); il Carducci corresse poi : « erra tra i vostri rami il pensier mio - sognando l'ombra d'un tempo che fu)). Nella quarta strofa (« E voi trarrete la mugghiante greggia -· e la belante a quelle cime là))) anziché cime si diceva malghe. A questo proposito il Carducci scriveva in una lettera di risposta al Chiarini che gli aveva fatto d'elle osservazioni sul cattivo suono– del primo verso della seconda strofa che cominciava : <( •••• che tace,. noci ecc .... )), sul vocabolo -malghe e sul titolo : Passando alla poesia del tace noci hai ragione, ma trovami un verb0- che equivalga al tace o che risponda al prega .... Le malghe sono prate– rie sui monti dove i pastori stanno col bestiame nei mesi di giugno, luglio e agosto, con abituri e ripari murati per gli uomini e per le bestie. Non so se la voce sia passata sui dizionari, ma, è propria e sto– rica della regione. Senza storia perché della storia di questa regione si sa poco o nulla ; ma il comune rustico di quei primi tempi si può imma– ginare press'a poco come io feci in quei versi. I quali se. vuoi stampare, fallo; se non temi che i lettori si secchino. Ho accennato anche che il Carducci pubblicò scritti in prosa : oltre il Soliloqwio e Colloqui manzoniani, e le pagine su Victor· Hugo c:he mandava all'amico il 26 ma-ggio '85 con queste due righe: << Eccoti quello che ho scritto singhiozzando a tratti come un bam– bino)), nel nuinero 41 con una lettera al Direttore lo pregava di ripubblicare due drichiarazioni in cui, già nell' '82 e nell' '83 nella Cronaca bizantina, aveva detto non voler scrivere o mandar versi su invito per nessun motivo. Il Fucini pubblicò sul Fracassa molti di quei deliziosi bozzetti che tutti conoscono. Il 22 gennaio dell' '85 l'autore delle Veglie così scriveva al Chia– rini, da Pistoia: Stimatissimo Chiarini, La ringrazio d'ogni cosa e sono contentis-– simo. Il vedermi stampato da Lei a,ccanto al Carducci è per me tale ricompensa da non farmi pensare ad altro. Quello che non mi contenta è la roba che le ho mandato ed il pensiero che in seguito non m'abbia a venir fuori nulla di meglio. Sono un dilettante, caro signor Chiarini, uno dei meno spudorati, se me lo concede, ma sempre dilettante. Le cose sento che le vedrei dal lato buono e artistico, ma nell'esecuzione fo cecca ché dentro son vuoto e senza polpa nutrita. Ma una volta che Lei è contento delle mie cose, non se ne parla più e si tira avanti. Soltanto Le rinnovo la preghiera d'esser severo perché io, come critico delle cose mie sono asi,olutamente cieco ed ho necessità d'una persona, intel– lio-ente ;d amica che senza complimenti mi sappia dire « stampa» o «:trappa». D'essere assiduo e fecondo non glielo prometto perché la mia natura e le mie occupazioni non me lo .permettono. Due terzi llel-– l'anno sono _a giro per questi monti, digTumatore eterno delle mie dieci idee, l'altro terzo me lo bestemmio a tavolino con la legge Casati da,. BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy