Pègaso - anno IV - n. 12 - dicembre 1932
746 .A. F. DONI, Le più belle pagine Questa prosopopea che il Doni a. varie riprese fa di sé nell'opera sua. · resterebbe forse un po' stucchevole o crocchiante se ogni tanto non vi si insinuassero accenti di un dolore vero e confessioni che a lui stesso dovevan costare. Il Doni soffrì anche lo sc11ifo di sé : « K on vedete ch'io sono solo come una bestia. Bisogna ch'io m'imbocchi, ch'io mi vesta e calzi, scriva, suoni, m'arricci il capo, e accotoni la barba ... , e mi netti, presso ch'io nol dissi. Io sono stato qualche volta in fantasia di finir la vita n. -Questi non sono disgusti che si fingono. Gli ultimi anni (il Doni morì di sessantun anno nel 1574) l'umore gli aveva dato in mi– santropia. Lasciata Venezia, si era ritirato a Monselice in una terraccia deserta e lì viveva solo a suo modo; e a yolte, dice un biografo, -si vedeva questo « uomo d'età matura, con la barba lunga fino a1 petto, uscir di notte di casa, scalzo e in camicia, e andar passeggianrlo per i prati, cantando i suoi e gli altrui versi: ovvero il giorno in casa, suonando un piccolo liuto, danzare come se fosse stato un piccolo ragazzo>>. In qualche tratto della vita del Doni il realismo crudo si accoppia a un estro e a una malineonia quasi fiabesca : da poterne cavare più d'una. scena per un dramma di costume, eome ieri usavano, o per una vita. romanzata, come usano oggi. Più difficile è orientarsi nell'arte del Doni; sembra che egli stesso scrivendo tanto e di tutto e in tutti i modi e sotto tutte le forme, e sempre tenendosi tra il serio e il faceto, arruffi la matassa perchè non si ritrovi il bandolo per capirlo. Sa di tutto, ha respirato nell'aria del secolo il gusto enciclopedico e si prova volontieri anche lui a rimet– tere tutto in discussione e ad arrischiare tutte le ipotesi. In certe fanta– sie del Doni si vollero vedere anche anticipi su Copernico, abbozzi di co– munismo, disegni di città perfette. Ma quelli per lui erano soltanto scherzi, giuochi di fantasia, privi di una logica intima. Chi le dice tutte finisce anche per azzeccarne qualcuna. E le profezie del Doni somigliarono molto a quelle che poi sarann.J specialità dei compilatori d'almanacchi; e si direbbe che di costoro egli ebbe a volte anche la fan– tj:Lsia pittorica e il gusto illustrativo. Il creato visto come persona umana : « Comparate il sole e la luna ai due occhi, Saturno e Giove alle due nari -del naso, i due orecchi a Marte e Mercurio, e· Venere alla bocca .... >i. E quest' altra scena sembra chiedere un di,segno di Longa– nesi : « s'io avessi a dipingere un arrogante, io dipingerei un poeta che s'avesse fatto una buca nel capo e con le dita si cavasse a poco a poco. il cervello, mettendoselo in bocca e sull'altra mano un breve che dica: ognun sel becca». E questi spettacolosi giganti: « grandi per mille· volte, anco due e forse tremila la nostra cupola.... Crescono e com– battono: chi piglia la luna per iscudo, chi il sole; altri si scagliano Etna e Mongibello sul capo l'un l'altro; chi s orbisce il mare in una boccata e lo sputa sul viso al suo nimico, ç.on tutti i pesci, le balene, le navi che dentro vi sono .... vi son poi d i più p iccoli che pigliano con mano un esercito, con cavagli e artellerie, forse di centomila persone, e. tutto mettono nella lor celata e la traggono in alto che la sta sei mesi innanzi che la torni a basso, in modo che vi son poi dentro sola– mente l'.ossa e l'arme ii. Siamo, si sente, nel secolo del Rabelais; e una volta di più è vero che il primo secenUsmo nasce in prosa, da certi BibliotecaGino Bianco
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